Le vicende parlamentari possono, a volte, essere una vera saga. Così, mentre i deputati inglesi sono alle prese con una difficile Brexit, gli israeliani si misurano con l’enigma di una coalizione di governo difficile da costruire. In entrambi i casi, di rinvio in rinvio, la situazione di stallo politico non trova sbocchi.
Incapace di formare un governo di coalizione dopo la dissoluzione dell’alleanza tra nazionalisti laici e religiosi, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, la sera del 21 ottobre scorso ha gettato la spugna, non riuscendo, per la seconda volta dall’aprile scorso, ad ottenere almeno 61 voti favorevoli (su 120) della Knesset, il parlamento monocamerale.
Il suo partito di destra, il Likud, dopo le elezioni del 17 settembre scorso s’è aggiudicato 32 seggi contro i 33 del suo principale rivale, il partito centrista Kahol Lavan – Blu e Bianco – guidato da Benny Gantz. I due funzionari eletti hanno rispettivamente ottenuto il sostegno di 55 e 54 eletti per guidare il prossimo governo, ma senza raggiungere la soglia di 61 deputati per formare un governo di maggioranza. Sebbene battuto alle urne per un voto, il primo ministro uscente, sostenuto da 55 deputati, godeva di un leggero vantaggio per la formazione di una coalizione, grazie all’appoggio dei partiti nazionalisti e di quelli religiosi. Non è però bastato, e i negoziati di Benjamin Netanyahu per cercare di coinvolgere Gantz in un governo di unità nazionale, offrendogli di alternarsi alla guida del governo, sono falliti. Il leader centrista non ha voluto garantire l’appoggio del suo partito a un governo guidato da un primo ministro – come Netanyahu – inquisito per corruzione. Inoltre Benny Gantz non vuole partiti religiosi nella coalizione. Già il 25 settembre scorso, nel ricevere il mandato dal capo dello Stato Reuven Rivlin, Netanyahu ammetteva: «Accetto la missione. Lo faccio sapendo che non ho migliori possibilità di formare un governo, ma semmai un’incapacità minore, di quanta ne abbia Gantz».
Come previsto, in seguito alla rinuncia del premier incaricato, il presidente israeliano ha annunciato l’intenzione di affidare il nuovo tentativo – ufficialmente giovedì prossimo – a Benny Gantz. «Blu e Bianco è determinato a formare quel governo d’impronta liberale, guidato da Benny Gantz, per il quale gli elettori in Israele hanno votato un mese fa», ha reso lunedì sera un comunicato del partito stesso. L’aggettivo «liberale» implica che si farà il possibile per limitare l’influenza dei partiti religiosi in una possibile coalizione di governo.
Una partita non ancora vinta
L’ex capo di stato maggiore dell’esercito avrà a disposizione 28 giorni per tentare di riuscire nell’impresa non riuscita a Netanyahu. Benny Gantz può scommettere su una maggiore flessibilità dei partiti che non vogliono andare per la terza volta alle elezioni nel giro di pochi mesi. Ma la partita non è ancora vinta.
Benny Gantz può rivolgersi alla Lista araba unitaria (che detiene 13 seggi alla Knesset) e al partito israeliano di destra Israele casa nostra (Israel Beitenu), guidato da Avigdor Lieberman, che si è aggiudicato 8 seggi, ma rifiuta di far parte di un governo che includa deputati arabi. Il cane si morde la coda…. Se Benny Gantz considerasse invece di allearsi con il Likud, può solo sperare che Benjamin Netanyahu venga messo da parte. Nessun segnale è però giunto in tal senso.
L’idea di un governo di minoranza che possa contare solo su 44 voti è stata menzionata dal quotidiano Israel Hayom. Con i suoi 33 seggi, Blu e bianco potrebbe unire le forze con i laburisti (6 seggi) e Campo democratico (5 seggi), confidando poi sul sostegno esterno della lista unitaria araba (13 seggi) e Israel Beitenu (8 seggi). Ma, come ricorda The Times of Israel, Benny Gantz non ha mai espresso l’intenzione di dar vita a una coalizione di minoranza.
In linea teorica, se anche il tentativo di Gantz dovesse fallire, qualsiasi altro parlamentare in grado di ottenere la maggioranza alla Knesset potrebbe benissimo essere scelto dal presidente israeliano per formare un nuovo governo. Altrimenti, gli elettori saranno inevitabilmente chiamati alle urne per la terza volta in meno di un anno. Ciò non escluderebbe un ritorno in lizza di Benjamin Netanyahu, che cerca la propria sopravvivenza politica per sfuggire alla giustizia. Il seguito al prossimo episodio.