Gaza non è solo macerie. Gaza merita di fare notizia non solo per questioni geopolitiche, ma anche per la ricchezza del suo patrimonio, oggi strappato all’oblio, almeno in parte, grazie all’istituzione di un inventario dei siti archeologici della città, presentato ufficialmente a metà settembre a Ramallah, in Cisgiordania, dove ha sede il governo dell’Autorità nazionale palestinese (Anp). Frutto di una collaborazione pluriennale, il progetto è stato sostenuto dall’Unesco, in collaborazione con il ministero del Turismo e delle antichità dell’Anp e da vari altri attori locali. Tutti hanno accolto con favore l’iniziativa e hanno ribadito «il dovere comune di servire e proteggere il patrimonio collettivo» della città capoluogo dell’omonima Striscia.
Perché Gaza, come molte altre città palestinesi, ospita un eccezionale patrimonio culturale dell’età del bronzo oltre che di epoca romana e bizantina. I 42 chilometri quadrati della Striscia erano solcati dalla Via Maris, un’arteria commerciale costruita nell’età del bronzo, un vero crocevia tra Europa, Palestina, Egitto e Mesopotamia. Le persone che l’hanno percorsa nei secoli hanno lasciato il segno, contribuendo a costruire il ricco patrimonio archeologico che conosciamo oggi. Gaza ospita le vestigia di Sant’Ilarione, il più antico monastero del Medio Oriente, situato nel comune di Nuseirat, oltre a molti altri monumenti, mosaici e manufatti, testimoni della ricchezza culturale della regione.
Le minacce che incombono
È un patrimonio eccezionale, che oggi rischia di scomparire: minacciati come sono dalla pressione demografica della città (circa 5.200 abitanti per chilometro quadrato), i siti archeologici di Gaza soccombono per fare spazio a negozi, case e moschee. Ma soffrono anche per i frequenti saccheggi e per i bombardamenti israeliani in rappresaglia per il lancio di razzi da questi siti.
Un’altra ombra è rappresentata dalla completa assenza di un quadro legislativo comune e aggiornato in Palestina, il che rende particolarmente complicata la protezione del patrimonio storico-archeologico. Nel 1994, la legge palestinese si è allineata alla legislazione giordana ed egiziana: ma quelle norme non erano sufficienti per la protezione del patrimonio palestinese. Infine, il patrimonio culturale prima della conquista islamica (700 d.C.) ha patito a lungo la mancanza di interesse da parte delle autorità, non essendo considerato veramente «patrimonio archeologico» dei Territori palestinesi. Solo di recente l’approccio è mutato.
Cinque anni fa la svolta
La fine della guerra a Gaza del 2014, tuttavia, ha imposto l’urgenza di proteggere il patrimonio della città. All’epoca il ministero del Turismo e delle Antichità dell’Anp, beneficiando dell’appoggio in loco dell’Unesco, decise di facilitare lo studio e la conservazione del patrimonio della Striscia di Gaza. Il progetto di un inventario a livello cittadino è una delle iniziative nate in quel contesto.
Nel luglio 2018, dopo quattro anni di lavori in collaborazione con l’Unesco, l’Autorità palestinese ha votato la sua prima vera a propria legislazione nazionale nel campo della protezione del patrimonio. Un passo accolto favorevolmente dalla comunità internazionale e che ha accelerato la creazione del famoso inventario del patrimonio di Gaza.
Con il ricorso a nuove tecnologie e strumenti di digitalizzazione all’avanguardia (compresi i droni, che consentono l’elaborazione e lo studio di modelli 3D) il gruppo di lavoro responsabile del progetto ha ora completato l’inventario del patrimonio della Striscia. Ora 237 siti archeologici sono geolocalizzati, indicizzati e, presto, digitalizzati. L’inventario dovrebbe essere messo online nei prossimi mesi, così da renderlo accessibile al pubblico.
Dunque, la protezione del patrimonio antico di Gaza ha fatto grandi passi avanti, eppure, si fatica ancora a suscitare l’interesse delle autorità locale (espressione del movimento Hamas), la cui collaborazione con le organizzazioni internazionali rimane difficile. Mancano inoltre, nella società di Gaza, figure professionali ben formate nei settori dell’archeologia e della tutela del patrimonio locale. Sono sfide importanti, che fanno comprendere come sia necessario intensificare gli sforzi negli anni a venire.