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Israele alle urne per la seconda volta nel 2019

Terrasanta.net
17 settembre 2019
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Israele alle urne per la seconda volta nel 2019
Gerusalemme: manifesti elettorali mostrano il premier Bibi Netanyahu con il presidente degli Usa Trump e, in primo piano, il leader del partito Bianco e Blu, Benny Gantz (foto Yonatan Sindel/Flash90)

Israele torna al voto il 17 settembre per eleggere i 120 membri del parlamento, pochi mesi dopo il tentativo fallito di formare una maggioranza di governo. È probabile un aumento dell’astensionismo, mentre non è scontato che la situazione si sblocchi.


Il 17 settembre Israele torna al voto, per la seconda volta nel 2019, per eleggere i 120 membri del parlamento. Le scorse elezioni del 9 aprile non avevano consentito di formare una maggioranza di governo, a causa della spaccatura tra il Likud di Benjamin Netanyahu (arrivato primo con il 26,5 per cento dei voti e soli 15 mila voti di maggioranza) e Israel Beitenu, partito dell’ex ministro della difesa Avigdor Lieberman. Il 30 maggio la Knesset ha votato il proprio scioglimento e così il Paese torna al voto dopo cinque mesi. Il sistema elettorale israeliano è proporzionale, con una soglia di sbarramento al 3,25 per cento. Il quadro politico è particolarmente frammentato: in aprile sono entrati in parlamento ben 11 partiti, e se ne sono presentati altri 30 rimasti sotto il quorum. La partecipazione al voto era stata del 68 per cento, ma si prevede che a questa tornata l’astensione sia nettamente più alta.

Al centro della scena è ancora Benjamin Netanuyahu, leader del Likud (destra) e dal 2009 primo ministro di Israele. I sondaggi gli attribuiscono 32 seggi, ma gli occorre una coalizione di almeno 61 seggi per restare alla guida del governo e non rischiare condanne per le diverse inchieste alle quali lo sta sottoponendo la magistratura. Il suo principale sfidante è l’ex generale Benny Gantz, alla guida di Kahol Lavan (Blu e Bianco), alleanza centrista e liberale che potrebbe ottenete come il Likud 32 parlamentari.

Chi avrà il maggior numero di voti otterrà per primo l’incarico dal presidente Rivlin di cercare alleati per il governo. Ma dove trovare 29 seggi tra gli alleati per una maggioranza?

I sondaggi della vigilia

Seconda la media dei diversi sondaggi, pubblicata oggi dal quotidiano Haaretz, 11 seggi potrebbero andare alla coalizione delle forze politiche degli arabi israeliani, guidata da Ayman Odeh, che potrebbe raccogliere oltre l’80 per cento del voto dei cittadini arabofoni di Israele.

9 seggi andrebbero a Yamina, alleanza di partiti di destra ed estrema destra, creata appositamente per queste elezioni allo scopo di non disperdere voti e superare agevolmente la soglia del 3,25 per cento. L’alleanza è guidata dalla ex ministro della Giustizia Ayelet Shaked.

Sempre secondo gli ultimi sondaggi, 8 o 9 seggi potrebbero essere vinti da Israel Beitenu, il partito di Lieberman, formazione di destra, nazionalista, ma laica, forte tra gli elettori di origine russa. Lieberman ha impedito di riformare l’alleanza delle destre con Netanyahu, accusandolo di essere troppo accondiscendente verso le richieste dei partiti religiosi fino a sei mesi fa loro alleati nel governo.

Questi partiti sono Giudaismo Unito nella Torah (in inglese con la sigla Utj), formazione della destra religiosa che rappresenta gli haredim askenaziti (si vede attribuiti 7 o 8 seggi) e Shas, partito religioso ultraortodosso che rappresenta gli ebrei sefarditi e mizrahi (6 o 7 seggi).

5 seggi sono previsti per l’Unione Democratica, alleanza di forze di centro-sinistra ed ecologiste, cui appartiene l’ex premier Ehud Barak; 4 per Otzma Yehudit, un’altra nuova formazione di estrema destra, nazionalista e antiaraba, nata dal rimescolamento di varie forze di destra.

Infine, il partito laburista, storica formazione della sinistra israeliana, che si presenta con il piccolo partito Gesher, dopo il tracollo elettorale subito in aprile che lo ha portato vicino alla soglia di sbarramento.

I più grandi ostacoli sul cammino di Netanyahu, che vuole battere ogni record di durata alla guida del governo israeliano, sono tre: la forza di Blu e Bianco, l’unico partito che potrebbe scavalcare il Likud e dare a Gantz il diritto di formare il nuovo governo. Un successo dell’alleanza dei partiti arabi abbastanza netta da impedire la formazione di una coalizione gradita a Netanyahu. Infine, il rafforzamento di Lieberman (Israel Beitenu) che, come forza alternativa della destra laica, può drenare voti al Likud e riproporre lo scontro politico all’origine dello stallo della primavera scorsa. Lasciando Israele in una situazione senza precedenti. (f.p.)

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