La stampa israeliana dà notizia della prossima costruzione di un muro aggiuntivo di cemento, nei pressi della frontiera settentrionale di Gaza, lungo l’autostrada 34, allo scopo di proteggere le comunità di Sderot e Yad Mordechai. Il Ministero della difesa sta pianificando l’installazione di una struttura alta 6 metri per una lunghezza di 9 chilometri. Il nuovo muro, che si vorrebbe completato entro l’estate 2020, costerà decine di milioni di shekel e il suo finanziamento è ancora oggetto di discussione.
La striscia di Gaza è già separata da Israele (e a sud dall’Egitto) da una serie di barriere metalliche, dune artificiali e zone cuscinetto lungo i confini terrestri. Tuttavia, soltanto nella prima metà di agosto, si sono verificati tre episodi di infiltrazioni di uomini armati (sei in tutto) in territorio israeliano. Le forze militari li hanno uccisi e hanno accusato i militanti di essere in vario modo legati ad Hamas. L’organizzazione politica che governa Gaza ha negato il coinvolgimento, definendo le infiltrazioni iniziative di singoli. Uno di loro, Hani Abu Salah, guardia di frontiera, era fratello di Fadi Abu Salah, il palestinese divenuto noto perché disabile e ucciso dai militari israeliani durante una protesta vicino al confine. È dal 30 marzo 2018 che la zona frontaliera è teatro di violente manifestazioni, con migliaia di persone che si radunano ogni venerdì. In quella che è chiamata la Grande marcia del ritorno, i palestinesi di Gaza chiedono la fine del blocco che dura da dodici anni. La risposta militare israeliana in questi sedici mesi ha provocato la morte di almeno 180 persone.
Sull’altro lato del confine, i circa 70 mila israeliani residenti hanno fatto ricorso ai bunker in diverse occasioni di scontri violenti. In maggio alcune centinaia di razzi sono stati lanciati da Gaza verso Israele provocando quattro vittime. I palestinesi uccisi in risposta dagli israeliani, che hanno attaccato obiettivi di Hamas, sono stati 23 (25 secondo i palestinesi).
Alla fine del 2019 è intanto previsto il completamento dei 65 chilometri di una nuova linea di barriera già in costruzione. Questa è costituita anche da una parte interrata, realizzata con l’impiego di idrofrese, che Israele ha voluto per impedire lo scavo di tunnel sotterranei, usati da Hamas nella guerra del 2014.
Hamas, il nemico da contenere
Israele cerca naturalmente di indebolire Hamas, che considera un’organizzazione terroristica, ma non fino al punto da fare precipitare nel caos incontrollato la situazione interna alla Striscia. Permane dunque un equilibrio instabile. Secondo alcuni analisti, da una parte le forze miliari israeliane di fronte ad Hamas attuano una politica per metà di deterrenza e per metà di contenimento. Dall’altra, Hamas costituisce sia una minaccia militare, sia un’assicurazione che la Striscia non finisca in mano a gruppuscoli di jihadisti.
Intanto, due milioni di palestinesi vivono in condizioni difficilissime di sovraffollamento e con limitati collegamenti con la Cisgiordania e il resto del mondo. Ma le complicazioni sulla frontiera non finiscono qui se, come denuncia un rapporto riferito in luglio dal Guardian, le forze armate israeliane negli ultimi cinque anni hanno cosparso di erbicidi decine di volte la zona cuscinetto al confine con Gaza. Forensic Architecture, un’agenzia di ricerca britannica diretta da Eyal Weizman, ha portato prove dei danni che questo reca alle coltivazioni dei palestinesi all’interno della Striscia.
Frontiere quasi del tutto blindate
Israele è un Paese recintato: in meno di vent’anni ha investito a questo scopo circa 6 miliardi di shekel (1 miliardo e mezzo di euro). Al confine con il Sinai egiziano tra il 2010 e il 2013 sono stati costruiti 245 chilometri di barriera metallica. Il confine settentrionale (Linea blu), chiuso e controllato da un contingente militare internazionale di stanza in Libano, ha circa 80 chilometri di barriere. Altri 97 si trovano lungo il confine con la Siria, oltre le alture del Golan annesse nel 1967, e 34 a sud, nel Negev, a saldare parte dei 300 chilometri di confine con la Giordania. Ma la separazione fisica più conosciuta è in Cisgiordania: poco più di 700 chilometri di muri e barriere, un progetto intrapreso nel 2002 e già completato per oltre due terzi. (f.p.)