(g.s.) – Ieri mattina, 16 giugno 2019, la seduta settimanale del governo Netanyahu si è svolta sulle alture del Golan, l’area montuosa nel nord est di Israele sottratta militarmente alla Siria nel 1967.
Il primo ministro ha voluto mantenere la promessa fatta settimane fa al presidente statunitense Donald Trump di dedicargli una nuova città in quella zona, per ringraziarlo della proclamazione firmata il 25 marzo scorso a Washington con la quale dichiara che «gli Stati Uniti riconoscono che le Alture del Golan sono parte dello Stato di Israele».
In realtà di Ramat Trump (Alture Trump) per ora c’è poco più di un set allestito per fare da scenario alla cerimonia di posa della prima pietra, alla quale è intervenuto anche l’ambasciatore Usa in Israele, David Friedman.
I detrattori di Benjamin Netanyahu dicono che si è trattato di una mera operazione di pubbliche relazioni. Il governo ha stabilito che il nuovo centro urbano sarà un ampiamento del remoto insediamento di Qela, dove nel 1991 l’allora ministro Ariel Sharon mandò un piccolo gruppo di ebrei immigrati dall’ex Unione Sovietica. Al momento mancherebbero però tanto i piani di sviluppo dell’area quanto i finanziamenti necessari a realizzarli.