(g.s.) – Si sono aperti questa mattina in Vaticano i lavori della 92.ma assemblea plenaria della Riunione delle Opere di Aiuto alle Chiese Orientali (Roaco), periodicamente convocata dalla Santa Sede. La conclusione dei lavori – ai quali prende parte, tra gli altri, anche il Custode di Terra Santa fra Francesco Patton – è prevista per mercoledì 12 giugno.
Nell’udienza papale subito concessa ai partecipanti, papa Francesco ha ricordato alcune delle presenti aree di crisi. Guardando al Medio Oriente ha menzionato la Siria, «con le dense nubi che sembrano riaddensarsi su di essa in alcune aree ancora instabili e ove il rischio di una ancora maggiore crisi umanitaria rimane alto».
«Quelli che non hanno cibo – ha detto accorato il Papa –, quelli che non hanno cure mediche, che non hanno scuola, gli orfani, i feriti e le vedove levano in alto le loro voci. Se sono insensibili i cuori degli uomini, non lo è quello di Dio, ferito dall’odio e dalla violenza che si può scatenare tra le sue creature, sempre capace di commuoversi e prendersi cura di loro con la tenerezza e la forza di un padre che protegge e che guida». A questo punto Francesco ha staccato gli occhi dai fogli col discorso e ha aggiunto a braccio: «Ma a volte penso anche all’ira di Dio che si scatenerà contro i responsabili dei Paesi che parlano di pace e vendono le armi per fare queste guerre. Questa ipocrisia è un peccato».
L’anno prossimo a Baghdad
Bergoglio ha annunciato la sua volontà di recarsi in Iraq il prossimo anno e si è augurato che il Paese «possa guardare avanti attraverso la pacifica e condivisa partecipazione alla costruzione del bene comune di tutte le componenti anche religiose della società, e non ricada in tensioni che vengono dai mai sopiti conflitti delle potenze regionali».
Guardando alla Terra Santa il Papa ha preso spunto dal recente accordo tra le comunità responsabili della basilica del Santo Sepolcro sull’avvio della seconda fase dei lavori di manutenzione straordinaria per auspicare che anche il cantiere della pace possa contare sugli «sforzi sinceri di tutti gli attori locali ed internazionali perché giunga presto una pacifica convivenza nel rispetto di tutti coloro che abitano quella Terra, segno per tutti della benedizione del Signore».
Papa Francesco è tornato sul tema, a lui caro, dei migranti con queste parole: «Gridano le persone in fuga ammassate sulle navi, in cerca di speranza, non sapendo quali porti potranno accoglierli, nell’Europa che però apre i porti alle imbarcazioni che devono caricare sofisticati e costosi armamenti, capaci di produrre devastazioni che non risparmiano nemmeno i bambini. Questa è l’ipocrisia della quale ho parlato. Siamo qui consapevoli che il grido di Abele sale fino a Dio, come ricordavamo proprio a Bari un anno fa, pregando insieme per i nostri fedeli del Medio Oriente».
Le azioni della speranza
Il discorso si è chiuso con accenti di speranza e consolazione, considerando vari aspetti: la carità che la Chiesa sa manifestare in mezzo a tutti questi drammi; la voglia di bene delle giovani generazioni, che hanno diritto di sentirsi annunciare il Vangelo da testimoni credibili e autentici; la pace raggiunta tra Etiopia ed Eritrea; la sete di fraternità «sincera e rispettosa che abbiamo richiamato con il Documento sottoscritto ad Abu Dhabi (il 4 febbraio scorso – ndr) insieme al Grande Imam di Al-Ahzar». «Aiutatemi a farlo conoscere – ha chiesto il Papa – e a diffondere quella alleanza buona per il futuro dell’umanità in esso contenuto. E impegniamoci tutti a preservare quelle realtà che ne vivono il messaggio già da anni, con un particolare pensiero alle istituzioni formative, scuole e università, tanto preziose specie in Libano e in tutto il Medio Oriente, laboratori autentici di convivenza e palestre di umanità a cui tutti possano facilmente accedere».