(c.l.) – Nell’ottavo centenario della visita di san Francesco al sultano Al-Malik al-Kamil – avvenuta a Damietta (Egitto) nel 1219 – l’attribuzione di un premio per la pace da parte dei francescani del Sacro Convento di Assisi a un sovrano musulmano è certamente un bel simbolo. L’edizione 2019 del riconoscimento Lampada della pace di san Francesco va, infatti, a re Abdallah II di Giordania.
Istituito nel 1981, il premio è stato fin qui assegnato a personalità politiche e religiosi. Tra gli altri, se lo sono visti attribuire san Giovanni Paolo II, Madre Teresa di Calcutta, Yasser Arafat, Benedetto XVI, Shimon Peres, Mahmoud Abbas, Papa Francesco.
Il premio sarà consegnato il prossimo 29 marzo ad Assisi al sovrano giordano (che sarà accompagnato dalla moglie, la regina Rania) «per la sua azione e il suo impegno tesi a promuovere i diritti umani, l’armonia tra fedi diverse e l’accoglienza dei rifugiati», come recita la motivazione. Non va dimenticato che la Giordania, considerata una delle poche oasi di relativa stabilità nella regione mediorientale, ospita circa 1,3 milioni di profughi, per lo più iracheni e siriani. «L’assegnazione della Lampada della Pace – ha osservato Fayiz Khour, ambasciatore giordano in Italia – è un attestato agli sforzi della Giordania, guidata da Sua Maestà il re Abdallah II per la promozione della pace e dell’armonia tra diverse fedi in tutto il mondo. I valori che questo premio promuove sono valori di cui il nostro mondo ha estremo bisogno per contrastare la diffusione di oscure ideologie».
Un impegno costante
Gli sforzi della Giordania per il dialogo interreligioso e la pace sono stati numerosi dall’ascesa al trono di Abdallah II nel febbraio 1999. Per citare quello che è forse il più significativo, il sovrano è stato all’origine del Messaggio di Amman (2004), un testo rivolto a tutto il mondo che cerca di chiarire la vera natura dell’Islam, contrastando l’estremismo e invitando tutte le nazioni musulmane a unirsi nel promuovere i diritti umani e le libertà fondamentali della persona.
Nell’ottobre 2007, il principe Ghazi, cugino e consigliere per gli affari religiosi di re Abdallah, insieme ad altre 137 personalità del mondo islamico, inviò una lettera al Papa e alle massime autorità religiose cristiane della Terra intitolata Una parola comune tra noi e voi. Vi si postula che il cristianesimo e l’islam condividono gli stessi valori dell’amore di Dio e dell’amore per il prossimo. Nel 2008, questo ultimo documento ha ispirato il primo Forum cattolico-musulmano in Vaticano.
Il re è anche stato l’iniziatore, presso le Nazioni Unite, della Settimana mondiale per l’armonia tra le fedi. Un evento che si svolge da otto anni nel mese di febbraio e mira a promuovere l’armonia tra le persone, indipendentemente dal loro credo, sottolineando che la comprensione reciproca e il dialogo tra le religioni sono dimensioni importanti di una cultura della pace mondiale.
Esempi di un impegno che è già stato ampiamente riconosciuto a livello internazionale: tra gli altri il Premio del Centro Simon Wiesenthal per la tolleranza, nel 2005; il Premio della pace di Westfalia, nel 2016; il Premio Templeton, nel 2018.
Alla cerimonia di premiazione del 29 marzo presenzieranno anche la cancelliera tedesca Angela Merkel, vincitrice del premio l’anno scorso, e il premier italiano Giuseppe Conte.
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