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La cabinovia di Gerusalemme al centro di nuove polemiche

Christophe Lafontaine
21 marzo 2019
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La cabinovia di Gerusalemme al centro di nuove polemiche
Tratteggiato in rosso il previsto tracciato della cabinovia nei pressi della città vecchia di Gerusalemme, con tre delle quattro stazioni.

Anche una trentina di architetti di fama internazionale tra i critici che chiedono al governo di Israele di rinunciare all'idea di una cabinovia sopra il centro storico di Gerusalemme.


L’architetto israelo-canadese Moshe Safdie l’aveva previsto. Scriveva nel settembre 2018: «Un impianto a fune, costruito in prossimità delle mura della città vecchia [di Gerusalemme] creerà un precedente, che di sicuro solleverà critiche e opposizione a livello internazionale». Non si sbagliava, e infatti lui stesso ha aggiunto la sua firma a quella di altri 26 architetti di spicco sulla scena internazionale, in una lettera aperta datata 13 marzo 2019 ed inviata al premier israeliano, al ministro per il Turismo e a quello per Gerusalemme. La lettera contesta il controverso progetto sostenuto dal ministro del Turismo Yariv Levin e dal sindaco di Gerusalemme Moshe Lion (al pari del predecessore Nir Barkat). I sostenitori vedono la cabinovia come una soluzione per decongestionare le strade d’accesso alla città vecchia di Gerusalemme e un rimedio all’inquinamento che aggredisce le antiche mura con i gas di scarico degli autobus e delle automobili. Un impianto che, oltretutto, richiede poco consumo di suolo ed è in grado di superare i notevoli dislivelli del terreno nell’area interessata.

Il governo ha già stanziato per il progetto 200 milioni di shekel (quasi 50 milioni di euro). L’impianto dovrebbe essere silenzioso, ecologico, economico (rispetto a un tunnel sotterraneo o a una linea tranviaria) e, secondo i piani, potrebbe entrare in servizio nel 2021. Chi lo ha pianificato sottolinea il considerevole risparmio di tempo rispetto ad altri progetti.

Le 72 cabine previste, con una capacità di 10 persone ciascuna, sarebbero sospese a un cavo sostenuto da una quindicina di tralicci e potrebbero trasportare, nelle ore di punta, fino a 3.000 persone all’ora dal capolinea attestato presso la Tahana Harishona (la prima stazione ferroviaria della città, ora dismessa e convertita in centro culturale e commerciale), nel sud-ovest della città, fino all’area del Getsemani, sul Monte degli Ulivi. Sono previste due stazioni intermedie: una presso la Porta del Letame (o dell’Immondizia), a pochi passi dagli accessi al Muro Occidentale (o Kotel) e alla Spianata delle Moschee, e un’altra sul Monte degli Ulivi, nei pressi del grande cimitero ebraico che ricopre una parte dei declivi.

«Il progetto è promosso da potenti gruppi di interesse che mettono il turismo e i programmi politici davanti alla responsabilità di salvaguardare i tesori culturali di Gerusalemme», hanno scritto gli architetti critici verso l’infrastruttura. Tra gli altri firmatari abbiamo, come già detto, Moshe Safdie (che ha progettato il nuovo Museo dell’Olocausto Yad Vashem, a Gerusalemme, e il Terminal 3 dell’aeroporto Ben Gurion, a Lod), ma anche lo spagnolo Santiago Calatrava (che ha realizzato il Ponte di Corde, ormai entrato a far parte del panorama cittadino di Gerusalemme ovest) e l’americano Peter David Eisenman (a cui si devono il Memoriale per gli ebrei assassinati d’Europa, che sorge a Berlino, e la Città della cultura di Galizia, a Santiago de Compostela).

Preservare il patrimonio paesaggistico

Nella loro lettera, gli architetti si appellano al governo israeliano affinché «faccia tutto quanto è in suo potere per preservare la dimensione storica e culturale [del centro storico di Gerusalemme] e proteggere il panorama da qualsiasi programma economico o ideologico che minacci di mettere a repentaglio un bene culturale insostituibile». La lettera afferma che «l’antico paesaggio di Gerusalemme è un patrimonio prezioso per tutta l’umanità. I suoi valori religiosi e culturali non dovrebbero essere sacrificati ad interessi di breve termine».

Gli architetti fanno il paragone con altre importanti città storiche dell’Occidente, come Roma o Atene: «è internazionalmente riconosciuto – scrivono – che la scelta di una funivia non è appropriata per le città antiche, con una fisionomia preservata per secoli se non per millenni». Vi immaginereste una cabinovia scavalcare i tetti del Vaticano o di Venezia?

Nell’ottobre scorso anche una settantina di architetti, archeologi e personaggi pubblici israeliani aveva già firmato un appello comune per chiedere la cancellazione del progetto: «Gerusalemme non è Disneyland – scrivevano – e i suoi tesori paesaggistici e il suo patrimonio non sono in vendita». I firmatari chiedevano al governo israeliano di trovare altri modi per migliorare i trasporti nella città vecchia. Per quanto curioso possa sembrare, il ministero dei Trasporti ha dichiarato la scorsa settimana di non essere stato coinvolto nel progetto – stando a quanto ha riferito il quotidiano The Times of Israel – sostenendo che si tratta di «un progetto a scopo turistico» e non di «un mezzo di trasporto [pubblico]».

Altre obiezioni

Le organizzazioni della sinistra israeliana e i palestinesi paventano, anche con questo mezzo, la giudaizzazione di Gerusalemme Est, che i secondi rivendicano come capitale del loro futuro Stato (mentre Israele concepisce l’intera città come propria capitale eterna e indivisibile).

Taluni ravvisano pure un possibile impatto economico negativo sull’attività dei mercanti di souvenir nel suq della città vecchia, che verrebbe attraversato da un minor numero di potenziali acquirenti.

Alle argomentazioni d’ordine ambientale, politico e culturale contro il progetto della cabinovia, si aggiungono anche le obiezioni dei caraiti. I leader di questa corrente del giudaismo – che rifiuta la sacralità della legge orale codificata nel Talmud richiamandosi unicamente alla Torah – ritengono che la cabinovia profani i sepolti nel cimitero dei caraiti, ancora in uso, che si trova nella valle di Hinnom (alcune sepolture risalgono a 2000 anni fa). Per i caraiti, «è vietato stare sotto un tetto dove sono sepolti i morti e per loro una funivia equivale a un tetto», riferisce The Times of Israel.

A complicare le cose c’è un altro elemento: secondo la legge ebraica, un cohen (un ebreo che per nascita ha diritto al sacerdozio ereditario) non è autorizzato ad entrare in un cimitero (cfr. Levitico), eccezion fatta per le tombe dei parenti stretti. Passare in cabinovia sopra il cimitero dei caraiti rappresenterebbe quindi un problema per qualsiasi cohen osservante. Per ovviare, l’Autorità per lo sviluppo di Gerusalemme ha proposto di costruire un tetto sul cimitero, cosa che la comunità caraita respinge categoricamente, in quanto contraria alla sua pratica religiosa, riferisce il quotidiano The Jerusalem Post.

Il Consiglio nazionale per la pianificazione prenderà una decisione finale dopo aver esaminato tutti i commenti ricevuti negli ultimi 60 giorni.

 

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