Storie, attualità e archeologia dal Medio Oriente e dal mondo della Bibbia

Ciò che piace al Signore, oggi

fra Michael Anthony Perry ofm *
15 marzo 2019
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Ciò che piace al Signore, oggi
Musulmani in preghiera nella moschea al Aqsa, a Gerusalemme.

Molti oggi sostengono che il dialogo con l’Islam sia impossibile. Invece, l’incontro tra san Francesco e al-Malik al-Kamil testimonia la possibilità di condividere i doni di Dio.


San Francesco salpò per l’Egitto nel 1219 per assecondare il suo desiderio di aprire un dialogo con i musulmani. Arrivò al campo crociato fuori Damietta tra cristiani che disprezzavano i musulmani. Quei musulmani avevano a loro volta qualche ragione per disprezzarlo e di considerarlo un nemico. Oggi celebriamo ciò che nessuno avrebbe potuto prevedere: che questo uomo pieno di Spirito potesse attraversare le linee di battaglia, essere ricevuto con garbo e tornare con una nuova visione per coinvolgere i musulmani: «fare solo ciò che piace a Dio» (quae placuerint Domino, Regola non bollata 16). Questo anniversario dell’incontro di Francesco con il sultano al-Malik al-Kamil ci chiama a considerare ciò che piace a Dio oggi.

Il concilio Vaticano II ha affermato che il dialogo è essenziale per la missione della Chiesa. Ha esortato i cristiani a dialogare con i seguaci di altre religioni – compresi i musulmani ai quali guarda con stima – con prudenza, amore e fede viva. San Giovanni Paolo II ha portato avanti tale dialogo invitando i leader religiosi ad Assisi a pregare per quella pace che mosse Francesco: umiltà, profondo senso di Dio e impegno nel servizio.

Benedetto XVI e Francesco hanno ripetuto questo invito e Papa Francesco ha invocato l’intercessione del Santo durante il suo viaggio in Egitto, pregando affinché cristiani e musulmani possano vivere in fraternità sotto il nostro Dio misericordioso. Noi francescani possiamo animare questa fraternità ricordando l’incontro di san Francesco con il sultano e testimoniando come sia possibile vivere con i musulmani da figli di Abramo.

Viviamo in un’epoca in cui molte persone si dedicano alla demonizzazione dei musulmani. Oltre allo studio e alla preghiera sul tema del dialogo, incoraggio i francescani che non sono personalmente a contatto con l’Islam a fare un semplice passo: incontrare i vicini musulmani. Imparate a conoscerli andando oltre il piacere di una tazza di tè insieme. Imparate ad apprezzare l’esperienza di Dio che li anima e permettete loro di vedere l’amore che Dio ha riversato nel vostro cuore attraverso Cristo.

Nonostante l’insegnamento del Concilio che anche i musulmani adorano l’unico e misericordioso Dio, molte voci sostengono che il dialogo è impossibile. Molti contemporanei di Francesco e del sultano avrebbero concordato; il conflitto era l’inevitabile risposta all’altro.

Francesco e il sultano sono testimoni di una risposta diversa, che noi ritroviamo nelle vite di francescani e musulmani che condividono i doni che Dio ha dato loro attraverso le rispettive esperienze di fede. Restare fedeli alla visione di Francesco implica condividere con umiltà. Un dono tipicamente cristiano che possiamo davvero condividere è l’esperienza di un Dio umile. Francesco ha lodato Dio dicendo: «Tu sei umiltà» e parlava dell’umile sublimità di Dio. La nostra ricerca francescana di Dio riposa nell’umiltà del Presepe e della Croce. San Francesco ci invita a far riverberare quell’umiltà divina verso coloro che incontriamo, facendo il primo passo nel servizio e nell’amore. La fedeltà alla sua visione ci chiama a ricevere le credenze e i credenti di altre religioni con riverenza (Costituzioni Generali 95.2), aperta alla presenza di Dio in un simile incontro.

Riconosco che molti francescani vivono come minoranze nelle terre della loro nascita o adozione, sono coinvolti in conflitti politici e confessionali e patiscono la minaccia della violenza. In alcuni Paesi, cristiani e musulmani condividono le sofferenze dell’ingiustizia sociale e dell’instabilità politica. Vi invito a riflettere su un altro dei nomi di Francesco per Dio: «Pazienza», che ci richiama uno dei modi con cui i musulmani invocano Dio: Yā Ṣabūr (O Paziente!). Francesco apprese la pazienza attraverso una vita spesa nel seguire le orme di Cristo. Egli meditò sull’amore che Cristo ci ha mostrato nella sua passione, giungendo a considerare la pazienza come attributo di un Dio misericordioso: Tu sei pazienza. Dio segue il suo programma e muove i cuori secondo le sue vie. Possa Dio concedere la grazia della pazienza a ciascuno di noi, mentre impariamo a vivere insieme.

Alle nostre sorelle e fratelli musulmani, permettetemi di dire quanto noi francescani ricordiamo con calore l’ospitalità dimostrata a san Francesco. L’interesse che molti musulmani hanno dimostrato nella commemorazione di questo anniversario testimonia il desiderio di pace espresso ogni volta che un musulmano saluta un compagno di fede.

Dio avrebbe potuto renderci uguali, ma Dio non lo ha fatto (cfr Corano, Sura 42.8). Con voi, le vostre sorelle e fratelli francescani sono desiderosi di mostrare al mondo che cristiani e musulmani possono vivere gli uni accanto agli altri in pace e armonia.

In conclusione, non dimentichiamo mai che quella di Francesco fu una vita di conversione. Il cuore di Francesco era stato aperto dai lebbrosi; quando si trovò in presenza di un musulmano, che gli avevano insegnato a odiare, quel cuore si aprì ancora una volta. Anche noi siamo chiamati alla stessa apertura di cuore. In un mondo che aspira gemendo alla comprensione interreligiosa, possa il nostro Dio umile, paziente e misericordioso mostrarci ciò che Gli piace.

(* Ministro generale dei Frati minori)

Terrasanta 2/2019
Marzo-Aprile 2019

Terrasanta 2/2019

Numero speciale nell'ottavo centenario dell'incontro tra san Francesco d'Assisi e il sultano al-Malik al-Kamil (1219 - 2019)

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A partire dalla prima avventura missionaria di Francesco, i suoi frati hanno posto l’accento sul dialogo tra i credenti. La testimonianza di un missionario. da 25 anni in terra d’Islam.

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In un mondo in cui ritorna il paradigma dello scontro di civiltà, l’incontro di Damietta ci ricorda quanto sia improvvido l’uso della violenza e illusoria la vittoria ottenuta con la forza.

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