Da mercoledì 6 febbraio l’Università di Betlemme, posta sotto la responsabilità dei Fratelli delle scuole cristiane, è chiusa e tale resterà fino a nuovo avviso. «Le lezioni riprenderanno quando saremo certi che l’insegnamento possa svolgersi normalmente, senza interruzioni», ha dichiarato sabato 9 il neozelandese Peter Bray, vicecancelliere dell’ateneo cattolico a servizio dei giovani palestinesi.
La decisione è stata adottata in risposta alle azioni del Senato studentesco, che dal 25 gennaio ad oggi ha ripetutamente interrotto e impedito il regolare svolgimento delle lezioni. Alcuni membri dell’organismo di rappresentanza degli studenti affermano di aver cercato per oltre sette mesi una soluzione di fronte all’«aumento delle spese di formazione per le facoltà di scienze infermieristiche e di scienze dell’educazione e al ripristino della tassa per i versamenti ratealizzati», dice il sito del Patriarcato latino di Gerusalemme. La controversia risale a due anni fa ma sembrava essersi risolta dato che, dopo gli aumenti approvati e applicati dal 2016, gli studenti avevano già effettuato i versamenti per l’anno accademico scorso e per quello in corso.
Dall’inizio del 2019, nel giro di 15 giorni, ci sono state almeno quattro interruzioni dei corsi da parte del Senato degli studenti. L’amministrazione, esasperata dagli scioperi studenteschi, ha deciso di sospendere le lezioni fino alla soluzione della crisi. Non per punire gli studenti, come spiega in una dichiarazione del 9 febbraio, ma per fare chiarezza: «La nostra responsabilità è quella di fornire un’istruzione superiore di qualità al miglior costo possibile, garantendo nel contempo la continuità dell’istituzione in un’atmosfera di organizzazione, sicurezza e serenità».
L’istruzione costa
Il vicecancelliere Bray ha dichiarato l’intento dell’ateneo di mantenere le tasse universitarie a livelli accessibili per gli studenti, insistendo sul fatto che l’amministrazione è «ben consapevole della situazione economica del paese». Ha però soggiunto che «allo stesso tempo, occorre essere consapevoli dei costi dell’istruzione, della formazione e delle esigenze dell’istituzione universitaria per continuare a fornire i nostri servizi». L’amministrazione si rammarica che gli studenti non vogliano considerare il fatto che anche loro devono contribuire al sostentamento dell’Università, sia pure in minima parte.
A peggiorare le cose, c’è il mancato versamento del contributo annuale di 1,3 milioni di dollari da parte dell’Autorità palestinese (una cifra contestata dal ministero dell’Istruzione e dell’Istruzione superiore), ha dichiarato George Rishmawi, responsabile delle comunicazioni dell’Università di Betlemme, citato dall’agenzia Wafa. Per la cronaca, dal 2018 il governo palestinese deve fare i conti con i tagli agli aiuti statunitensi decisi dall’amministrazione Trump. Rishmawi ha tuttavia negato che la decisione di sospendere le lezioni sia conseguenza della mancanza di fondi.
Nel comunicato diffuso da fratel Bray il 6 febbraio si spiega che oltre la metà dei costi sostenuti per la gestione dei corsi universitari è coperta da finanziamenti esterni. Bray ha successivamente ribadito che l’Università si preoccupa di aiutare gli studenti in difficoltà finanziarie. Nell’ultimo anno, ad esempio, sono state assegnate «borse di studio per oltre 1,2 milioni di dollari; ne hanno beneficiato circa 1.250 studenti, pari al 35 per cento del totale». Secondo dati aggiornati all’ottobre 2018 l’ateneo di Betlemme accoglie 3.323 studenti, al 76 per cento musulmani e al 24 per cento cristiani.
Finora il dialogo tra l’amministrazione dell’Università e la rappresentanza studentesca non è approdato a nulla. I responsabili dell’ateneo dicono che la mano resta tesa verso gli studenti ai quali propongono, da un lato, di passare in rassegna insieme i costi formativi e, dall’altro, di riconsiderare le condizioni applicate agli studenti bisognosi. Nella speranza che gli studenti vogliano raccogliere la palla e mettere fine alla crisi.
La pressione aumenta via via che ci si addentra nel secondo semestre. Più a lungo durerà la sospensione delle lezioni e più in avanti slitteranno la chiusura dei corsi e la sessione d’esami di fine anno. Con il rischio di dover cancellare i corsi estivi.
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