(g.s.) – Si è concluso con il rientro a Roma ieri pomeriggio, 5 febbraio, il viaggio lampo di papa Francesco negli Emirati Arabi Uniti.
La trasferta papale nel Golfo persico ha avuto un prologo poco prima della partenza, in piazza San Pietro. Al termine dell’appuntamento domenicale con i pellegrini per la preghiera dell’Angelus di mezzogiorno Bergoglio, il 3 febbraio, ha rivolto un pensiero all’emergenza umanitaria provocata da quattro anni di guerra in Yemen: «Con grande preoccupazione seguo la crisi umanitaria nello Yemen. La popolazione è stremata dal lungo conflitto e moltissimi bambini soffrono la fame, ma non si riesce ad accedere ai depositi di alimenti. Fratelli e sorelle, il grido di questi bambini e dei loro genitori sale al cospetto di Dio. Faccio appello alle parti interessate e alla Comunità internazionale per favorire con urgenza l’osservanza degli accordi raggiunti, assicurare la distribuzione del cibo e lavorare per il bene della popolazione. Invito tutti a pregare per i nostri fratelli dello Yemen. Preghiamo forte, perché sono dei bambini che hanno fame, che hanno sete, che non hanno medicine e sono in pericolo di morte. Portiamo a casa con noi questo pensiero».
Il governo degli Emirati Arabi Uniti fa parte della coalizione internazionale, guidata dall’Arabia Saudita, che con il suo intervento militare in Yemen è corresponsabile della crisi in atto. Sul volo di rientro, il Papa ha detto ai giornalisti di aver sollevato la questione anche nei colloqui privati ad Abu Dhabi e di aver riscontrato una certa disponibilità a cercare soluzioni.
Abu Dhabi come Damietta
La ragione prima di questo viaggio apostolico era comunque il dialogo con i musulmani. Esplicito il riferimento a un fatto storico di otto secoli fa: l’incontro tra il sultano d’Egitto e san Francesco d’Assisi, avvenuto a Damietta, in un’epoca – come quella delle Crociate – caratterizzata dall’antagonismo esplicito e militare tra potenze cristiane e islamiche.
Questa mattina, durante l’udienza generale del mercoledì in sala Paolo VI, il Santo Padre ha definito il viaggio «una sorpresa di Dio», confessando di aver pensato molto al remoto precedente del 1219: «Per la prima volta – ha detto – un papa si è recato nella penisola arabica. E la Provvidenza ha voluto che sia stato un papa di nome Francesco, 800 anni dopo la visita di san Francesco di Assisi al sultano al-Malik al-Kamil. Ho pensato spesso a san Francesco durante questo viaggio: mi aiutava a tenere nel cuore il Vangelo, l’amore di Gesù Cristo, mentre vivevo i vari momenti della visita; nel mio cuore c’era il Vangelo di Cristo, la preghiera al Padre per tutti i suoi figli, specialmente per i più poveri, per le vittime delle ingiustizie, delle guerre, della miseria…; la preghiera perché il dialogo tra il cristianesimo e l’islam sia fattore decisivo per la pace nel mondo di oggi».
Fratelli disarmati
Il culmine di questo evento di dialogo è stato, la sera di lunedì 4 febbraio, la firma del Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, elaborato con Ahmed Al-Tayyeb, il grande imam di Al-Azhar, la massima istituzione sunnita di studi religiosi (con sede al Cairo). Un lungo testo che germoglia dal viaggio papale in Egitto del 28-29 aprile 2017 ed è frutto di un anno di preghiera, riflessione e confronto tra i due firmatari, che ormai si sono incontrati cinque volte e si considerano amici e fratelli. Il Documento, tenuto riservato sino all’ultimo, suscita già dibattito, sia tra i cattolici sia tra i musulmani. Il papa e l’imam ne sono consapevoli, ma considerano di aver fatto un importante passo avanti e auspicano che la dichiarazione comune sulla fratellanza possa essere studiata e approfondita, anzitutto nelle scuole e negli ambiti accademici. Per parte sua, Bergoglio si dice sicuro di essere nel solco tracciato dal concilio ecumenico Vaticano II e dai suoi immediati predecessori san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
È di nuovo Francesco, nell’udienza generale di questa mattina, a spiegare le motivazioni del Documento sulla fratellanza: «In un’epoca come la nostra, in cui è forte la tentazione di vedere in atto uno scontro tra le civiltà cristiana e quella islamica, e anche di considerare le religioni come fonti di conflitto, abbiamo voluto dare un ulteriore segno, chiaro e deciso, che invece è possibile incontrarsi, è possibile rispettarsi e dialogare, e che, pur nella diversità delle culture e delle tradizioni, il mondo cristiano e quello islamico apprezzano e tutelano valori comuni: la vita, la famiglia, il senso religioso, l’onore per gli anziani, l’educazione dei giovani, e altri ancora».