Sarà donato allo Yad Vashem, il Museo dell’Olocausto di Gerusalemme visitato ogni giorno da migliaia di turisti provenienti da tutto il mondo, il diario scritto da Jerzyk Urman, ritenuto l’unico bambino ebreo ad essersi suicidato durante l’Olocausto. Jerzyk preferì avvelenarsi con una pasticca di cianuro piuttosto che cadere nelle mani degli ufficiali nazisti. Il manoscritto fu scoperto dal cugino di secondo grado del bambino, Anthony Rudolph, giornalista della Bbc, che decise di pubblicarlo nel 1991. Rudolf ora ha deciso di consegnare il documento al museo, affinché rappresenti un’altra fondamentale testimonianza di quanto accaduto in quegli anni e per raccontare la storia tragica del bambino.
Figlio di un medico e appartenente a una ricca famiglia ebrea, il ragazzo, che all’epoca aveva 11 anni, si era nascosto insieme ai suoi per non essere catturato dalla Gestapo. Nato a Stanislawow (che allora apparteneva alla Polonia, mentre oggi fa parte dell’Ucraina), il bimbo crebbe con la sua famiglia fino a quando, in pieno regime nazista, nel 1941 i tedeschi invasero la città, lasciando dietro di sé una scia di immani violenze. Gli ebrei cominciarono ad essere perseguitati, inseguiti e uccisi. La famiglia Urman, dopo un breve periodo nel ghetto, si trasferì in una città vicina, Drohobycz, e fu ospitata da un’anziana signora che lavorava come domestica da alcuni parenti.
Il bimbo era scosso dalle continue violenze a cui assisteva da parte dei nazisti, specie sui bambini e, appunto, cominciò a scrivere un diario dove raccontava tutte le sue esperienze e i suoi pensieri. L’intera famiglia era stata testimone di un episodio di estrema violenza: soldati nazisti si erano accaniti contro un bambino colpevole di contrabbandare del cibo nella cittadina.
Per evitare ai congiunti simili violenze, il padre di Jerzyk un giorno consegnò una pasticca di cianuro ad ogni membro della famiglia, come ultima spiaggia per non cadere nelle mani dei nazisti, per morire dignitosamente senza essere sopraffatti dalle loro violenze. L’uomo non immaginava che quel gesto, che successivamente avrebbe portato alla morte di suo figlio, avrebbe indirettamente salvato la vita al resto della famiglia. Si, perché il 13 novembre del 1943 i nazisti, forse a seguito di una soffiata, fecero irruzione nella casa della famiglia Urman. Uno dei militari colpì il padre del ragazzo con il calcio di una pistola. Il piccolo Jerzyck, terrorizzato, forse temendo che nel giro di qualche minuto sarebbero stati uccisi tutti, si ricordò di avere la pasticca e la ingerì, morendo immediatamente. I nazisti, sorpresi dell’accaduto, dinanzi a quella morte improvvisa si spaventarono e scapparono via. I familiari del bimbo riuscirono così a scampare al massacro, e dopo diverse peregrinazioni, durante le quali riuscirono anche a dare sepoltura a Jerzyck, immigrarono in Israele.
Qui, a casa della madre del ragazzo, Antony Rudolf, che cercava di ricostruire la storia della sua famiglia, si imbatté nel diario e lo pubblicò nel 1991. «Il bimbo – ha detto Rudolf – dimostrava una maturità superiore ai suoi 11 anni, e aveva già deciso che non sarebbe mai stato portato nei campi di sterminio. Aveva già visto cose che nessun bimbo dovrebbe vedere. Era molto coraggioso. Oggi se fosse vivo avrebbe 86 anni».
Il diario di Jerzyk sarà conservato nel museo dello Yad Vashem che provvederà anche alla sua traduzione in ebraico, rendendolo poi disponibile nei suoi archivi online.
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