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Impennata della tensione tra Israele e Iran

Terrasanta.net
24 gennaio 2019
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Nei giorni scorsi abbiamo assistito ad azioni militari israeliane contro l'Iran, sotto gli occhi dei russi e degli americani. Il campo di battaglia, ancora una volta, è la Siria. Decine di vittime.


(c.l.) – Impennata della tensione tra Israele e Iran lo scorso fine settimana. Terreno di confronto militare tra le due potenze regionali è la Siria. Le azioni israeliane hanno ucciso 21 persone tra cui 12 guardiani della rivoluzione islamica (organizzazione paramilitare iraniana), secondo le stime diffuse il 22 gennaio scorso dall’Osservatorio siriano per i diritti umani. Parliamo di uno degli attacchi più letali di Israele portati a termine in Siria dal 2011 ad oggi.

Gli attacchi aerei israeliani nella notte tra domenica 20 gennaio e lunedì 21 gennaio sono stati una risposta a un missile lanciato dalla Siria contro lo Stato ebraico sul monte Hermon (intercettato dal sistema di difesa Cupola di ferro), a sua volta rappresaglia contro precedenti incursioni israeliane nei cieli siriani.

Gli obiettivi colpiti in Siria, vicino alla capitale Damasco e nelle aree meridionali del Paese, sarebbero depositi di munizioni delle forze iraniane, un centro di intelligence e un campo d’addestramento militare. Sono state prese di mira anche batterie antiaeree siriane. Le fotografie pubblicate da Image Sat mostrano che uno dei depositi di munizioni e i sistemi radar dell’aeroporto di Damasco sono stati distrutti. Anche una pista di atterraggio è stata danneggiata.

«L’intento, a quanto pare, era iniziare a costruire una nuova architettura di deterrenza, limitando il rischio di innescare un confronto più ampio», osserva il giornalista Avi Issacharoff dalle colonne di The Times of Israel. Altrimenti, l’Iran non si sarebbe accontentato di lanciare un solo missile. Un’operazione che arriva in un momento in cui il governo siriano, alleato dell’Iran, ha ripreso il controllo di due terzi del Paese dopo otto anni di guerra, e dove gli Stati Uniti hanno annunciato il ritiro delle proprie truppe dal nord della Siria, contribuendo al clima di incertezza sul futuro.

Israele e Siria confinano sulle Alture del Golan, annesse dallo Stato ebraico nel 1981. L’Iran avrebbe oggi 3.000 soldati in Siria. L’obiettivo della Repubblica islamica è tracciare una sorta di corridoio sciita da Teheran a Beirut. Israele ostacola questo disegno e non permette che l’Iran – il nemico giurato che minaccia di distruggerlo – stabilisca una presenza stabile in territorio siriano a ridosso del confine. Le azioni dell’Iran in Libano (attraverso il movimento Hezbollah) e nella Striscia di Gaza (gestite da Hamas e dal Jihad islamico) sono aspramente denunciate dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu che si vede alle prese con un triplo fronte.

Da parte di Israele il messaggio è molto chiaro. Non va ignorata la grande – e inconsueta – pubblicità data all’ultima operazione aerea: Israele non lascerà «correre certi atti di aggressione», ha detto il premier, facendo intendere che il ritiro degli Stati Uniti dalla Siria non cambia la sua determinazione nel proteggere del territorio israeliano. La determinazione a contrastare il radicamento dell’Iran in Siria suona anche avvertimento alle forze siriane.

«Di fronte all’aggressione israeliana» al suo Paese, l’ambasciatore siriano all’Onu, Bashar Jaafari, ha dichiarato il 22 gennaio che se il Consiglio di sicurezza dell’Onu non dovesse intervenire per fermare le operazioni aeree di Israele il governo siriano si riserverebbe di esercitare il suo «diritto di autodifesa» attaccando in modo simmetrico l’aeroporto Ben Gurion, tra Tel Aviv e Gerusalemme, come rappresaglia per l’aggressione israeliana all’aeroporto internazionale di Damasco.

In realtà, sotto gli occhi dei russi, le forze armate israeliane hanno già portato a termine, negli ultimi anni, numerosi attacchi in Siria contro obiettivi militari della Repubblica islamica dell’Iran e contro convogli di armi destinate alle milizie di Hezbollah, il movimento libanese filo-iraniano.

In questo contesto di tensione, Israele ha annunciato negli ultimi giorni un test del sistema missilistico Arrow 3 sviluppato e finanziato di concerto con gli Stati Uniti, e in grado di intercettare i missili in volo al di sopra dell’atmosfera e con una gittata fino a 2.400 chilometri di distanza. «Il successo di questo test è una pietra miliare nelle capacità operative di Israele e nella sua capacità di difendersi dalle minacce regionali, presenti e future», ha detto in una nota il ministero della Difesa.

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