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Il Papa sulla buona politica che fa la pace

Terrasanta.net
1 gennaio 2019
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Il Papa sulla buona politica che fa la pace
Papa Francesco tra i fedeli in piazza San Pietro.

Ogni Capodanno, dal 1968, i papi ci propongono di riflettere sul bene della pace. Che stavolta papa Francesco pone in relazione con la politica, ma anche con l'impegno quotidiano di ciascuno.


(g.s.) – Anche nel primo giorno di questo 2019 papa Francesco si pone sulle orme del suo predecessore san Paolo VI che nel 1968 volle proporre alla Chiesa e all’umanità di iniziare l’anno riflettendo sul bene prezioso della pace.

Nel suo Messaggio per la 52.ma Giornata mondiale della pace, Bergoglio propone come tema La buona politica è al servizio della pace, apparentemente lontano dalla realtà dei fatti che le cronache internazionali ci riferiscono quotidiarnamente. Tanto più se restringiamo lo sguardo al Medio Oriente, che vive una fase storica alquanto bellicosa e caratterizzata da un massiccio riarmo e da scontri in campo aperto (vedi Iraq, Siria e Yemen) che coinvolgono potenze regionali (Arabia Saudita, Iran, Israele, Turchia) e mondiali (in primis Stati Uniti e Russia).

«La politica – riflette il Papa in un brano chiave del suo messaggio – è un veicolo fondamentale per costruire la cittadinanza e le opere dell’uomo, ma quando, da coloro che la esercitano, non è vissuta come servizio alla collettività umana, può diventare strumento di oppressione, di emarginazione e persino di distruzione».

Incalza Bergoglio: «In effetti, la funzione e la responsabilità politica costituiscono una sfida permanente per tutti coloro che ricevono il mandato di servire il proprio Paese, di proteggere quanti vi abitano e di lavorare per porre le condizioni di un avvenire degno e giusto. Se attuata nel rispetto fondamentale della vita, della libertà e della dignità delle persone, la politica può diventare veramente una forma eminente di carità».

Rifacendosi a un brano della Caritas in veritate, di Benedetto XVI, Francesco ricorda che «l’azione dell’uomo sulla terra, quando è ispirata e sostenuta dalla carità, contribuisce all’edificazione di quella universale città di Dio verso cui avanza la storia della famiglia umana». «È un programma – sottolinea Francesco – nel quale si possono ritrovare tutti i politici, di qualunque appartenenza culturale o religiosa che, insieme, desiderano operare per il bene della famiglia umana, praticando quelle virtù umane che soggiacciono al buon agire politico: la giustizia, l’equità, il rispetto reciproco, la sincerità, l’onestà, la fedeltà».

Pone l’accento sulle virtù della politica il Papa, e ci offre così anche criteri per riconoscere la cattiva politica: «Ne siamo certi – scrive il Pontefice –: la buona politica è al servizio della pace; essa rispetta e promuove i diritti umani fondamentali, che sono ugualmente doveri reciproci, affinché tra le generazioni presenti e quelle future si tessa un legame di fiducia e di riconoscenza».

Neppure la politica, come ogni realtà umana, è esente da vizi, dovuti – osserva Francesco – «sia ad inettitudine personale sia a storture nell’ambiente e nelle istituzioni. È chiaro a tutti che i vizi della vita politica tolgono credibilità ai sistemi entro i quali essa si svolge, così come all’autorevolezza, alle decisioni e all’azione delle persone che vi si dedicano». «Questi vizi, che indeboliscono l’ideale di un’autentica democrazia, sono la vergogna della vita pubblica e mettono in pericolo la pace sociale: la corruzione – nelle sue molteplici forme di appropriazione indebita dei beni pubblici o di strumentalizzazione delle persone –, la negazione del diritto, il non rispetto delle regole comunitarie, l’arricchimento illegale, la giustificazione del potere mediante la forza o col pretesto arbitrario della “ragion di Stato”, la tendenza a perpetuarsi nel potere, la xenofobia e il razzismo, il rifiuto di prendersi cura della Terra, lo sfruttamento illimitato delle risorse naturali in ragione del profitto immediato, il disprezzo di coloro che sono stati costretti all’esilio».

Un brano del Messaggio papale guarda ai giovani: «Quando la politica si traduce, in concreto, nell’incoraggiamento dei giovani talenti e delle vocazioni che chiedono di realizzarsi, la pace si diffonde nelle coscienze e sui volti. Diventa una fiducia dinamica, che vuol dire “io mi fido di te e credo con te” nella possibilità di lavorare insieme per il bene comune. La politica è per la pace se si esprime, dunque, nel riconoscimento dei carismi e delle capacità di ogni persona. (…) Ognuno può apportare la propria pietra alla costruzione della casa comune. La vita politica autentica, che si fonda sul diritto e su un dialogo leale tra i soggetti, si rinnova con la convinzione che ogni donna, ogni uomo e ogni generazione racchiudono in sé una promessa che può sprigionare nuove energie relazionali, intellettuali, culturali e spirituali. Una tale fiducia non è mai facile da vivere perché le relazioni umane sono complesse. In particolare, viviamo in questi tempi in un clima di sfiducia che si radica nella paura dell’altro o dell’estraneo, nell’ansia di perdere i propri vantaggi, e si manifesta purtroppo anche a livello politico, attraverso atteggiamenti di chiusura o nazionalismi che mettono in discussione quella fraternità di cui il nostro mondo globalizzato ha tanto bisogno. Oggi più che mai, le nostre società necessitano di “artigiani della pace” che possano essere messaggeri e testimoni autentici di Dio Padre che vuole il bene e la felicità della famiglia umana».

A cent’anni dalla fine della Prima guerra mondiale il Papa ricorda i tanti giovani caduti durante quel terribile conflitto e richiama l’insegnamento di quella pagina della Storia, «cioè che la pace non può mai ridursi al solo equilibrio delle forze e della paura. Tenere l’altro sotto minaccia vuol dire ridurlo allo stato di oggetto e negarne la dignità. È la ragione per la quale riaffermiamo che l’escalation in termini di intimidazione, così come la proliferazione incontrollata delle armi sono contrarie alla morale e alla ricerca di una vera concordia. Il terrore esercitato sulle persone più vulnerabili contribuisce all’esilio di intere popolazioni nella ricerca di una terra di pace. Non sono sostenibili i discorsi politici che tendono ad accusare i migranti di tutti i mali e a privare i poveri della speranza. Va invece ribadito che la pace si basa sul rispetto di ogni persona, qualunque sia la sua storia, sul rispetto del diritto e del bene comune, del creato che ci è stato affidato e della ricchezza morale trasmessa dalle generazioni passate».

Un pensiero speciale papa Francesco lo rivolge ai bambini: «Nel mondo – ci ricorda –, un bambino su sei è colpito dalla violenza della guerra o dalle sue conseguenze, quando non è arruolato per diventare egli stesso soldato o ostaggio dei gruppi armati. La testimonianza di quanti si adoperano per difendere la dignità e il rispetto dei bambini è quanto mai preziosa per il futuro dell’umanità».

Infine, il Papa sottolinea il settantesimo anniversario – ricorso il 10 dicembre – della Dichiarazione universale dei diritti umani, e ammonisce che la pace è «frutto di un grande progetto politico che si fonda sulla responsabilità reciproca e sull’interdipendenza degli esseri umani. Ma è anche una sfida che chiede di essere accolta giorno dopo giorno. La pace è una conversione del cuore e dell’anima, ed è facile riconoscere tre dimensioni indissociabili di questa pace interiore e comunitaria: la pace con sé stessi, rifiutando l’intransigenza, la collera e l’impazienza e, come consigliava san Francesco di Sales, esercitando “un po’ di dolcezza verso sé stessi”, per offrire “un po’ di dolcezza agli altri”; la pace con l’altro: il familiare, l’amico, lo straniero, il povero, il sofferente…; osando l’incontro e ascoltando il messaggio che porta con sé; la pace con il creato, riscoprendo la grandezza del dono di Dio e la parte di responsabilità che spetta a ciascuno di noi, come abitante del mondo, cittadino e attore dell’avvenire».

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