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Il Papa negli Emirati, «la visita di un amico»

Giuseppe Caffulli
31 gennaio 2019
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Il Papa negli Emirati, «la visita di un amico»
Monsignor Paul Hinder, vicario apostolico dell'Arabia meridionale. (immagine tratta da Youtube)

Dal 3 al 5 febbraio Francesco sarà negli Emirati Arabi Uniti, primo papa nella Storia a mettere piede nella Penisola arabica. Monsignor Paul Hinder, vescovo in quelle terre, ci spiega il senso del viaggio.


«Diamo il benvenuto a papa Francesco con cuore aperto e preghiamo con san Francesco d’Assisi: “Signore, fammi strumento della tua pace”»!». La visita di Papa Francesco negli Emirati Arabi Uniti – spiega mons. Paul Hinder nella lettera del 6 dicembre scorso ai fedeli del suo vicariato – «è un passo importante nel dialogo tra musulmani e cristiani e può contribuire alla comprensione reciproca e alla pace nel regione del Medio Oriente».

Cappuccino svizzero, classe 1942, dal 2003 vicario apostolico dell’Arabia meridionale, mons. Hinder racconta a Terrasanta.net come è nato il viaggio di Bergoglio, dal 3 al 5 febbraio, negli Emirati, dove i cristiani sono quasi un milione.

«L’invito al Santo Padre – dice il vescovo – è maturato grazie alla volontà del governo e al desiderio della Chiesa locale, cioè dal cuore di tanti fedeli che da anni mi chiedevano: “Quando il Papa verrà anche da noi?”. Inutile dire che la notizia è stata accolta con gioia ed entusiasmo».

Alla celebrazione pubblica, presso lo Stadio Zayed di Abu Dhabi, sono attese circa 100 mila persone. Come vi siete preparati?
Le questioni logistiche sono state risolte con le autorità civili che amministrano lo stadio. Ma la più grande sfida è stata la registrazione dei fedeli per l’accesso. Per questa ragione la celebrazione è trasmessa in live-stream in tutte le chiese parrocchiali del vicariato. Così anche i fedeli senza accesso allo stadio possono seguire la celebrazione.

È il primo viaggio di un Papa nella Penisola arabica. Qual è la reazione dell’opinione pubblica locale?
Le reazioni che ho visto finora nei mass-media come pure negli incontri personali, sono gioia e orgoglio. La visita del Papa è vista come un onore e accolta come quella di un amico.

Quali frutti si aspetta sul versante del dialogo con il mondo musulmano?
Sono figlio di contadini e quindi so che dopo i fiori ci vuole tempo per fare maturare i frutti. Penso però che il semplice fatto della visita, con il momento forte dell’incontro con i musulmani alla Conferenza interreligiosa, inclusa la visita alla grande moschea, facciano crescere il clima di tolleranza e di mutuo rispetto. Quella del Papa è la visita di un messaggero e strumento di pace, di qualcuno che costruisce ponti che collegano al posto di muri che separano.

Il viaggio del Papa può avere una ripercussione positiva sulla situazione dei cristiani che vivono nella Penisola arabica?
Lo spero. È chiaro che i diversi Paesi hanno la loro propria politica a riguardo. Però non penso che l’apertura degli Emirati Arabi Uniti e di altri Paesi del Golfo possa passare senza lasciar tracce positive dove un cambiamento si fa ancora aspettare. I segni ci sono. Speriamo e preghiamo che seguano i fatti.

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Ultimo aggiornamento: 01/02/2019 16:07

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