(c.l.) – I cristiani in Israele: sfide e opportunità. Questo era il tema del Coordinamento Terra Santa riunitosi nei giorni scorsi – dall’11 al 17 gennaio – a Gerusalemme e dintorni. Il gruppo, guidato quest’anno da mons. Declan Ronan Lang (vescovo di Clifton, in Gran Bretagna) riunisce delegati di varie conferenze episcopali cattoliche d’Europa, Stati Uniti, Canada e Sudafrica (la Cei era rappresentata dal vescovo di Grosseto, mons. Rodolfo Cetoloni – ndr). Su impulso della Santa Sede, ogni anno, dal 1998, un pellegrinaggio di contatto diretto, ascolto e solidarietà permette al Coordinamento di tastare il polso dei cristiani in Israele e nei Territori palestinesi. Gerusalemme è naturalmente al centro dell’attenzione dei presuli.
Una volta rientrati alle loro sedi i vescovi del Coordinamento possono rappresentare «ai loro governi, ai parlamentari, agli ambasciatori israeliani e palestinesi e ai media [i] vari problemi che riguardano la vita dei cristiani in Terra Santa» – spiega il sito web istituzionale del Patriarcato latino di Gerusalemme – senza chiedere privilegi per i cristiani, ma dignità e giustizia per tutti.
Quest’anno, l’attenzione dei membri del Coordinamento si è concentrata innanzitutto sui cristiani che vivono nello Stato di Israele. Nel comunicato finale emesso il 17 gennaio dopo la loro visita annuale, i vescovi hanno affermato che il principio di uguaglianza su cui Israele è stato fondato «deve diventare urgentemente realtà».
Sottolineando «il contributo vitale» offerto dai cristiani che vivono in Israele, specialmente nei settori dell’educazione e della salute, ma anche nella vita pubblica e interreligiosa, il Coordinamento Terra Santa 2019 sostiene che «i cristiani di Israele desiderano vivere come cittadini a pieno titolo, con diritti riconosciuti in una società pluralistica e democratica».
I vescovi del Coordinamento riferiscono che i cristiani incontrati durante le loro visite si son detti particolarmente preoccupati per la legge fondamentale adottata dalla Knesset il 19 luglio 2018, che stabilisce che Israele è lo Stato-nazione del popolo ebraico, emarginando così gli altri cittadini israeliani di origini diverse. Un attentato, dice la dichiarazione, agli «ideali di uguaglianza, giustizia e democrazia».
I membri del Coordinamento Terra Santa hanno affermato di voler esprimere «sostegno ai cristiani israeliani e a tutti coloro che sfidano la discriminazione» e di appoggiare la loro «richiesta di protezione del pluralismo del paese».
Benché il pellegrinaggio del Coordinamento di Terra Santa quest’anno si sia concentrato su Israele, i vescovi hanno viaggiato anche in territorio palestinese per incontrare le comunità cristiane locali. I presuli hanno affermato che «la miseria dell’occupazione è stata esacerbata dai tagli al finanziamento degli aiuti umanitari da parte del governo degli Stati Uniti». Il riferimento è alla decisione del presidente Donald Trump, un anno fa, di tagliare i viveri all’Unrwa, l’Agenzia delle Nazioni Unite che assiste i profughi palestinesi.
Nel denunciare la minaccia che così incombe sull’assistenza sanitaria, l’istruzione e altri servizi sociali e che «aggrava le continue violazioni» della fondamentale dignità umana dei loro beneficiari, i vescovi affermano che «ciò non può essere ignorato o tollerato». Il gruppo internazionale di presuli fa appello ai rispettivi governi perché aiutino a colmare le lacune nei finanziamenti all’Unrwa. E li esorta «a raddoppiare gli sforzi per una soluzione diplomatica, con due Stati democratici sovrani, Israele e Palestina, che vivono in pace».
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