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Leah Di Segni decifra l’anello dimenticato

Terrasanta.net
4 dicembre 2018
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Leah Di Segni decifra l’anello dimenticato
La professoressa Leah Di Segni durante un convegno dell'Accademia israeliana delle scienze e delle lettere

Parla l’illustre epigrafista, già docente dell’Università ebraica di Gerusalemme, che ha fornito le ipotesi di lettura del reperto legato a Ponzio Pilato.


(f.p.) – L’anello era stato dimenticato. Tra i molti oggetti rinvenuti presso l’Herodion, la fortezza di Erode il Grande nelle vicinanze di Betlemme, il piccolo anello in rame non ha destato interesse per lungo tempo fino al recente esame scientifico condotto con strumenti di alta tecnologia dall’Autorità israeliana di archeologia. Si è aperta allora la questione della sua decifrazione.

«La storia di questo oggetto è curiosa, anche se non troppo straordinaria per la mia vita di epigrafista – racconta la professoressa Leah Di Segni, intervistata da Terrasanta.net sul suo contributo allo studio dell’anello –. Una mia collega dell’Istituto di Archeologia e un’altra studiosa si stavano occupando di questo anello rimasto a lungo dimenticato tra i materiali meno importanti della fortezza. Una volta pulito e fotografato, hanno ingrandito le foto per studiare l’anfora che appare sul castone e hanno avuto l’impressione che vicino ad essa ci fosse scritto qualcosa».

Come succede molto spesso quando, da uno scavo compiuto in Israele, emerge qualche lettera greca, Leah Di Segni è stata interpellata in quanto massima esperta di epigrafia greca. «In questo caso, la richiesta è stata avanzata con una certa titubanza – prosegue la professoressa – perché non si era sicuri che ci fosse davvero scritto qualcosa: il castone è piccolissimo, di soli 8 x 9 millimetri. Non è stato semplice identificare lettere di dimensioni minime e un po’ deformate su un lato. Ho cercato di convincermi che non ci fosse scritto “Pilato” – ΠΙΛΑΤΟ(Υ) –, d’altra parte il nome è conosciuto solo in relazione a Ponzio Pilato. “È possibile che voglia far visita proprio a me?”, mi sono domandata. Ma è proprio quello che c’è scritto: “Appartenente a Pilato”. L’anello è un sigillo. In sé, è un oggetto di scarso valore e non penso che un prefetto si sarebbe degnato di usarlo. Tuttavia, potrebbe essere appartenuto a un suo segretario o servitore incaricato di marcare qualcosa col nome del governatore: non documenti importanti, ma forse oggetti riservati al suo uso. Lo strato in cui l’anello è stato trovato contiene materiale che conferma il periodo, il primo periodo romano».

Leah Di Segni ha quindi comunicato gli esiti della scoperta all’Israel Exploration Journal, la cui pubblicazione semestrale ha avuto diverse anticipazioni sulla stampa israeliana. Aggiunge che ΠΙΛΑΤΟ potrebbe anche significare Πιλάτῳ, «per Pilato», se si scambiano la vocale breve e la lunga. In tal caso, potrebbe trattarsi di un produttore che marcava qualche prodotto specialmente destinato a Pilato, per esempio anfore di vino, se l’anfora rappresentata sul castone dell’anello ha un significato. «Ma non avremo mai una risposta certa», conclude.

Non è il primo caso di un’iscrizione che porta la studiosa israeliana a contatto con il Vangelo: dallo studio (pubblicato nel 2013) di una cornice circolare in bronzo, ha tratto una serie di considerazioni sulla datazione del censimento di Quirinio citato nel Vangelo di Luca e, di conseguenza, sulle questioni cronologiche relative alla vita di Gesù.

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