Diritto o privilegio? Il parroco è netto: «I cristiani a Gaza non dovrebbero aver bisogno di un permesso per poter celebrare il Natale a Betlemme!» Dopo aver riferito queste parole di padre Mario da Silva il 15 dicembre scorso, il Patriarcato latino di Gerusalemme ricorda che nella Striscia i movimenti da e per Israele, la Cisgiordania o altri Paesi sono governati da un regime di autorizzazioni militari messo in atto dallo Stato ebraico a partire dal 1991. Un modo per «controllare gli affari civili dei palestinesi, comprese le possibilità di viaggio, lavoro e procedure sanitarie».
Così, per questo Natale 2018, riferisce il parroco cattolico della Sacra Famiglia a Gaza City, 500 permessi sono stati approvati dalle autorità militari israeliane per l’intera piccola minoranza cristiana della Striscia di Gaza, tra cattolici e ortodossi. I permessi rilasciati riguardano persone di età superiore ai 55 anni e dai 16 a 35 anni. I minori al di sotto dei 16 anni non sono interessati.
Una pratica che divide le famiglie, osserva il sacerdote di Gaza, di origini brasiliane, membro dell’Istituto del Verbo Incarnato, che ha recentemente celebrato i suoi 25 anni di presenza in Terra Santa. Padre Da Silva aggiunge che «Israele applica una politica di separazione tra genitori e figli», distribuendo ad esempio un permesso al padre, ma non alla madre e ai figli. In pratica, i fortunati che hanno ottenuto un permesso alla fine decidono di rimanere a Gaza per festeggiare il Natale con tutta la famiglia. Per mons. Giacinto Boulos Marcuzzo, vicario patriarcale per Gerusalemme e della Palestina, che ha parlato al portale informativo della Santa Sede Vatican News, tale pratica «è una logica di occupazione che non comprendiamo, nè giustifichiamo».
A Natale come a Pasqua, Israele teme che i cristiani che hanno il permesso di visitare i luoghi santi e le loro famiglie non tornino più indietro dopo aver attraversato il confine al valico di Erez. Oggi, su una popolazione stimata in due milioni di abitanti (per lo più musulmani), la comunità cristiana nella Striscia di Gaza, dice il Patriarcato latino, ha circa 1.100 anime. Tra questi, la maggioranza è greco-ortodossa insieme a 121 cattolici, come ha sottolineato mons. Marcuzzo.
L’enclave palestinese di meno di 400 chilometri quadrati è governata dal movimento islamista Hamas dal 2007 ed è sottoposta a un rigido blocco israeliano via terra, mare e aria da oltre un decennio. Quattro comunità religiose cattoliche rimangono sul posto accanto al centinaio di fedeli cattolici: i sacerdoti e le suore dell’Istituto del Verbo incarnato, le Missionarie della Carità (fondata da Madre Teresa di Calcutta) e le Suore del Rosario.
Dopo mesi di manifestazioni e scontri tra palestinesi di Gaza e soldati israeliani, che hanno sollevato il timore di un nuovo conflitto armato, l’Egitto e il Qatar si sono adoperati per cercare di ridurre le tensioni.
Se non altro questo Natale nella Striscia sarà meno freddo e buio dei precedenti. Da fine ottobre, a seguito di una sovvenzione di 60 milioni di dollari messi a disposizione dal Qatar per far funzionare le tre turbine della centrale elettrica di Gaza fino a sei mesi, la popolazione può godere di una media tra le nove e le undici ore di energia al giorno, secondo un rapporto Onu. Nei mesi precedenti le ore di erogazione dell’energia elettrica ogni giorno non erano più di quattro.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha anche autorizzato il Qatar a inviare due volte, due mensilità da 15 milioni di dollari per pagare gli stipendi dei dipendenti pubblici nella Striscia di Gaza.
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