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Nel sito di Shivta uno dei più antichi ritratti di Gesù

Christophe Lafontaine
19 novembre 2018
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Nel sito di Shivta uno dei più antichi ritratti di Gesù
Il tratto nero consente di ricostruire i contorni del viso del Cristo rinvenuto a Shivta. (foto Emma Maayan-Fanar)

Dalle vestigia di un'antica chiesa bizantina nel sito archeologico di Shivta (deserto del Neghev, Israele) emerge, appena visibile, il ritratto di un volto, che è forse quello di Gesù mentre riceve il battesimo.


Capelli ricci e di media lunghezza. L’ovale allungato di un giovane adulto. Grandi occhi. Il naso pronunciato e le guance rasate di fresco. Sono le caratteristiche salienti di un ritratto che molto probabilmente rappresenta Cristo e risale al VI secolo, secondo i calcoli della storica dell’arte Emma Maayan-Fanar, che collabora con gli archeologi Ravit Linn, Yotam Tepper e Guy Bar-Oz dell’Università di Haifa, autori di questa scoperta in una chiesa di Shivta.

L’antico villaggio agricolo sorgeva in epoca bizantina nel deserto del Neghev (Israele meridionale), circa 40 chilometri a sud-ovest di Be’er Sheva, e venne fondato nel I secolo d.C. dai nabatei, raggiunse l’apice della sua parabola in epoca bizantina, prima di perdere importanza all’inizio del periodo islamico (settimo secolo). In questo centro urbano sorgevano tre chiese e il disegno del presunto volto di Gesù appare nella chiesa settentrionale.

Sul quotidiano Haaretz del 12 novembre scorso, Emma Maayan-Fanar descrive la scoperta come un’apparizione: «Mi sono trovata al momento giusto, nel posto giusto, con la luce giusta. E improvvisamente ho visto quegli occhi. Era il volto di Gesù nel pieno del battesimo, che mi guardava».

Ma è grazie a suo marito Dror Maayan, fotografo professionista che ha realizzato scatti ad altissima risoluzione, che l’immagine vecchia di 1.500 anni con i suoi tratti rossicci a malapena visibili ad occhio nudo dopo aver attraversato secoli di storia ed essere sopravvissuta alla polvere di sabbia, si è resa intelligibile e ha potuto essere esaminata e ricostruita dalla stessa Emma Maayan-Fanar. Guardando bene è possibile riconoscere anche il collo e la parte superiore del viso. Gli archeologi che avevano esplorato il sito negli anni Venti del secolo scorso avevano intuito qualcosa, ma non si erano soffermati troppo, soprattutto per via del cattivo stato di conservazione del disegno, ha spiegato la storica dell’arte al quotidiano Haaretz.

La scoperta è stata riportata nel numero di agosto 2018 di Antiquity, la rivista scientifica dedicata all’archeologia mondiale, in un saggio intitolato: Il volto di Cristo rivelato a Shivta: una pittura muraria paleo-bizantina nel deserto della Terra Santa. Gli autori della scoperta l’hanno definita «estremamente importante».

Non è essenziale domandarsi se il volto tratteggiato somigli davvero a quello di Cristo. Gli evangelisti non si soffermano sull’aspetto di Gesù e gli artisti delle epoche successive hanno voluto insistere sul messaggio evangelico da trasmettere, più che su una precisa rappresentazione dei tratti somatici del Maestro. Ciò che in questa scoperta attira l’attenzione è il fatto che dell’arte cristiana primitiva è sopravvissuto ben poco (o quasi nulla) in Terra Santa, tanto meno se pensiamo alle rappresentazioni più antiche dell’aspetto fisico di Gesù. Il ritratto di Gesù a Shivta è una testimonianza tanto più preziosa se si considera che si trovava nel raggio di 250 chilometri dai luoghi che Gesù ha visitato durante la sua vita pubblica.

Fino ad oggi, i ritratti più antichi di Cristo erano stati ritrovati nella Siria orientale, in pitture murali che decorano il battistero della domus ecclesiae nel sito archeologico di Dura Europos, risalenti alla prima parte del III secolo d.C. Un primo dipinto raffigura un Gesù (giovane e dai capelli corti), con le caratteristiche del Buon Pastore, che porta una pecora sulla sua spalla; un secondo rappresenta l’episodio della guarigione del paralitico da parte di Cristo, che appare qui giovane e senza barba. Queste rappresentazioni ripropongono le stesse caratteristiche fisiche del ritratto rinvenuto a Shivta. Ciò significa che la scoperta israeliana è una rappresentazione che obbedisce ai canoni dell’iconografia orientale dell’epoca, allontanandosi dalla tradizione bizantina. «Appartiene allo schema iconografico di un Cristo coi capelli corti, particolarmente diffuso in Egitto e in Siro-Palestina, che è successivamente scomparso dall’arte bizantina», spiegano gli autori del saggio di Antiquity. In effetti, le altre raffigurazioni rappresentano più spesso Gesù con i capelli lunghi e lisci, e talvolta con la barba. Dettagli fisici che risentono dell’influsso dell’iconografia del mondo greco-romano.

Il ritratto di cui parliamo si trova nella volta del catino absidale che ospitava un battistero, appena all’esterno dalla chiesa nord di Shivta. La sua posizione in altezza può spiegare perché sia rimasto trascurato per anni, nel corso degli scavi del sito. A sinistra della figura di Cristo, c’è un altro volto più grande e meno giovane. Secondo le convenzioni iconografiche del periodo paleocristiano è così che venivano rappresentati san Giovanni Battista e Gesù nell’illustrare l’episodio del battesimo nel Giordano: il Cristo aveva tratti giovani, a simboleggiare la rinascita della vita. I due disegni rinvenuti nell’abside del battistero sono in linea. Tracce di pittura suggeriscono inoltre che queste facce facevano parte di una scena più ampia, che includeva altri elementi. Secondo il team di ricercatori, questa rappresentazione sarebbe la prima raffigurazione del battesimo di Cristo di periodo pre-iconoclastico rinvenuta in Terra Santa.

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