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Le sanzioni violano i diritti umani dei popoli

Fulvio Scaglione
9 novembre 2018
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La diplomazia internazionale rifiuta di ammetterlo, ma le sanzioni economiche contro questo o quel Paese violano i diritti umani perché colpiscono alla cieca. E quasi mai raggiungono lo scopo dichiarato.


Laureato a Oxford, titolare di master ottenuti a Harvard e alla Sorbona, ex ministro degli Esteri dell’Algeria, Idriss Jazairy è dal 2015 è un «relatore speciale» dell’Alto commissariato Onu per i diritti umani. In questa qualità, ha osato dire ad alta voce una cosa che la diplomazia internazionale assurdamente rifiuta di riconoscere. E cioè, che le sanzioni economiche unilaterali decise contro questo o quel Paese sono una violazione dei diritti umani perché colpiscono alla cieca la popolazione.

Se non fosse lui stesso un diplomatico, Jazairy avrebbe anche aggiunto che le sanzioni quasi mai raggiungono il loro scopo. Ma non è il suo compito, quindi lo diciamo noi. Prendiamo le più recenti, quelle decretate dagli Usa contro l’Iran. Lasciamo per un momento da parte la questione se l’Iran sia o no l’impero del male descritto dalla Casa Bianca. Il segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, ha così descritto le ragioni e gli scopi dell’embargo contro la Repubblica islamica: «L’urto delle sanzioni sarà doloroso se il regime non abbandona la strada inaccettabile che ha scelto e non torna nel novero delle nazioni civili… quando saranno complete, queste saranno le sanzioni più pesanti della storia. Quando le nostre sanzioni saranno in vigore (l’Iran) faticherà a tenere la propria economia in piedi».

Già questo fa capire che le sanzioni sono una punizione collettiva, un bombardamento alla cieca inflitto agli innocenti come agli eventuali colpevoli. Anzi, più agli innocenti che ad altri, perché in qualunque società i potenti e i privilegiati sono quelli che in ogni circostanza soffrono meno. Ma non è solo questo. Pompeo si aspetta che l’Iran cambi rotta politica. Perché dovrebbe farlo proprio adesso, dopo essere stato sotto sanzioni ininterrottamente dal 1979 al 2015? Potrebbe forse farlo se l’economia crollasse a livelli da fame. Ma in quel caso non sarebbe evidente che 82 milioni di iraniani verrebbero privati dei loro essenziali diritti umani? In uno dei suoi rapporti Idriss Jazairy fa il caso di Rusal’, il gigante russo dell’alluminio (è il maggior produttore mondiale) colpito dalle sanzioni americane ed europee. Le azioni dell’azienda hanno perso il 60 per cento del loro valore ma chi credete che abbia patito per questo? Certo non Oleg Deripashka, il ricchissimo oligarca che possiede il 75 per cento di Rusal’. Piuttosto i 100 mila lavoratori che non hanno più il posto o si sono visti decurtare il salario.

Con l’esclusione forse (forse) del solo Sudafrica, le sanzioni non hanno “danneggiato” alcun Governo o regime. Non Fidel Castro a Cuba, non gli ayatollah in Iran, non Saddam Hussein in Iraq, non Vladimir Putin in Russia, non l’emiro Al-Thani in Qatar. E nemmeno Bashar al-Assad in Siria, il che è tutto dire. Nessuno di questo governi o regimi ha cambiato linea politica, né tantomeno ha lasciato o perso il potere.

Quindi è evidente che le sanzioni come descritte dal segretario di Stato Pompeo non esistono. Le sanzioni sono solo uno strumento per far soffrire le popolazioni nella speranza, come abbiamo visto sempre vana, che queste si sollevino contro i loro governi. Altro non c’è.

 


 

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Babilonia è stata allo stesso tempo una delle più grandi capitali dell’antichità e, con le mura che ispirarono il racconto biblico della Torre di Babele, anche il simbolo del caos e del declino. Una straordinaria metafora del Medio Oriente di ieri e di oggi, in perenne oscillazione tra grandezza e caos, tra civiltà e barbarie, tra sviluppo e declino. Proveremo, qui, a raccontare questa complessità e a trovare, nel mare degli eventi, qualche traccia di ordine e continuità.

Fulvio Scaglione, nato nel 1957, giornalista professionista dal 1981, è stato dal 2000 al 2016 vice direttore di Famiglia Cristiana. Già corrispondente da Mosca, si è occupato in particolare della Russia post-sovietica e del Medio Oriente. Ha scritto i seguenti libri: Bye Bye Baghdad (Fratelli Frilli Editori, 2003), La Russia è tornata (Boroli Editore, 2005), I cristiani e il Medio Oriente (Edizioni San Paolo, 2008), Il patto con il diavolo (Rizzoli, 2016). Prova a raccontare la politica estera anche in un blog personale: www.fulvioscaglione.com

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