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La solitudine di Asia Bibi

Fulvio Scaglione
22 novembre 2018
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In Pakistan la cristiana Asia Bibi è stata assolta dall'accusa di blasfemia e scarcerata dopo 9 anni e una condanna a morte. Rischia però ancora la vita. Chi le aprirà le porte?


Certo, è possibile che ci siano trattative segrete o accordi diplomatici sotto traccia. Se è così, avremo presto occasione di rallegrarci. Quello che sappiamo al momento, però, è questo: nessun Paese islamico ha fiatato sulla sorte di Asia Bibi, nemmeno dopo la sentenza che l’ha liberata dall’incombente pena di morte. E nessun Paese cristiano ha mosso un dito per garantirle accoglienza e protezione dagli estremisti che la volevano a tutti i costi sul patibolo.

Asia Bibi, come tutti sanno, è la donna e mamma cristiana del Pakistan che nel 2009 fu accusata di blasfemia (avrebbe insultato Maometto durante una discussione con alcune donne musulmane del suo villaggio), arrestata e nel 2010, dopo un processo farsa, condannata a morte. Da allora Asia Bibi è sempre rimasta in prigione, da un processo all’altro, fino alla sentenza della Corte Suprema di poche settimane fa. Dopo la pronuncia, i tre giudici sono stati minacciati di  morte e Saif ul-Mulook, l’avvocato musulmano che l’ha difesa, ha dovuto scappare dal Pakistan e chiedere asilo in Olanda.

Anche prima dell’ultimo, e per fortuna positivo, giudizio nessuno ha avuto il coraggio di pronunciarsi in suo favore, o anche solo di spendere per lei una parola di incoraggiamento. Ben diverso era stato l’atteggiamento, per fare un solo esempio, con lo scrittore Salman Rushdie (indiano naturalizzato inglese) che, per lo stesso «reato» di blasfemia compiuto con il romanzo I versetti satanici, nel1988 subì la fatwa dell’ayatollah Khomeini, che chiese la sua morte. Asia Bibi, a quanto pare, non merita nulla.

Certo, bisognerebbe intendersi sul reale significato delle espressioni «Paese islamico» e «Paese cristiano». Si tratta, più spesso che no, di mere definizioni statistiche, soprattutto per quanto riguarda l’Europa. Non di meno, colpisce che nazioni come il Regno Unito, la Germania o l’Olanda siano pronte ad accogliere, per dire, i Caschi Bianchi siriani in fuga dalla vittoria di Bashar al-Assad e facciano tanta fatica, invece, a spendere un poco di attenzione per un caso come quello di Asia Bibi, che palesemente fa da cartina al tornasole per i sentimenti di tutte le minoranze cristiane nei Paesi dove la maggioranza della popolazione è musulmana, compresi ovviamente quelli del Medio Oriente.

I cristiani dell’Asia e del Medio Oriente vivono da molti secoli in un contesto non necessariamente ostile ma «altro», modellato sui desideri e sulle abitudini della maggioranza musulmana. Sono vaccinati a questo. Ma vicende come quella di Asia Bibi trasmettono l’idea che il mondo islamico sia succube delle frange estremiste e violente. E che l’Occidente, che a queste frange ha offerto sin troppo spazio, sia intimorito dai loro potenziali attacchi. Insomma, che siano la violenza e il terrorismo a vincere. Pensiamoci su quando mostriamo stupore per il fatto che i cristiani copti d’Egitto preferiscono l’ex generale al Sisi, autore di un colpo di Stato, al presidente eletto, nonché Fratello musulmano, Morsi. E che quelli di Siria, tra tanti tormenti, si sentono comunque più al sicuro con il presidente Bashar al Assad che con i suoi oppositori. Anche quelli dell’Iraq vi direbbero che stavano meglio con Saddam Hussein. Lo direbbero se ci fossero ancora, perché ormai sono ridotti ai minimi termini.

 


 

Perché Babylon

Babilonia è stata allo stesso tempo una delle più grandi capitali dell’antichità e, con le mura che ispirarono il racconto biblico della Torre di Babele, anche il simbolo del caos e del declino. Una straordinaria metafora del Medio Oriente di ieri e di oggi, in perenne oscillazione tra grandezza e caos, tra civiltà e barbarie, tra sviluppo e declino. Proveremo, qui, a raccontare questa complessità e a trovare, nel mare degli eventi, qualche traccia di ordine e continuità.

Fulvio Scaglione, nato nel 1957, giornalista professionista dal 1981, è stato dal 2000 al 2016 vice direttore di Famiglia Cristiana. Già corrispondente da Mosca, si è occupato in particolare della Russia post-sovietica e del Medio Oriente. Ha scritto i seguenti libri: Bye Bye Baghdad (Fratelli Frilli Editori, 2003), La Russia è tornata (Boroli Editore, 2005), I cristiani e il Medio Oriente (Edizioni San Paolo, 2008), Il patto con il diavolo (Rizzoli, 2016). Prova a raccontare la politica estera anche in un blog personale: www.fulvioscaglione.com

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