È una sorta di Batman della nuova generazione di fumetti made in Emirates e sta spopolando nel mondo arabo. Antara si ispira a una figura storica: un poeta schiavo e guerriero del VI secolo.
Ha un nome che richiama un manga giapponese, ma ha la fierezza di un personaggio d’altri tempi. Ha il mantello rosso come Superman, i capelli scuri come Aktarus di Grendizer (conosciuto in Italia come Goldrake – Ufo Robot) e attraversa le dune del deserto come Lawrence d’Arabia: è il Batman della nuova generazione dei fumetti made in Emirates e sta spopolando in tutto il mondo arabo. Antara – questo è il nome del fumetto, così come del supereroe – è una creatura storica: famoso poeta arabo del VI secolo nato schiavo, nonostante il padre fosse un leader tribale, Antara, divenuto poeta-guerriero, si libererà dalla sua condizione e chiederà al padre di riconoscerlo come figlio e come uomo libero.
Il personaggio storico dello schiavo-poeta è un must della letteratura e della tradizione dei Paesi arabi: la poesia attribuita ad Antara e intitolata Mu’allaqa è ancora insegnata nei curricula in tutto il mondo arabo, ed è parte del canone pre-islamico della poesia araba, esposto nella città santa della Mecca e tuttora fonte di molte leggende popolari.
Scrive, Antara, quello vero: «Spesso ho difeso / le donne di Amir / le loro gambe magre / tenere come steli / dall’assalto di razziatori armati».
E ancora: «Non potrò / superare il destino / quando lei verrà./ I codardi corrono, io sto in piedi / sulla mia terra/. Schiavo o figlio?».
Ma adesso Antara è diventato anche protagonista della cultura pop, proprio grazie alla striscia a fumetti in cui è ridisegnato come eroe-mantello-dotato dallo scrittore egiziano Mumen Hilmi e dall’illustratore indiano Ashraf Ghuri. La trama del libro di Hilmi e Ghuri intreccia una storia di coraggio e schiavitù a una parallela di libertà, lealtà e amore. Co-protagonista di Antara, nel fumetto, è la sua amata Abla, figlia di uno sceicco e oggetto dell’affetto eterno del poeta-eroe.
Antara è la prima striscia di fumetti ad essere pubblicata da Kalimat, casa editrice con sede negli Emirati Arabi Uniti, specializzata in traduzioni in lingua araba dei manga giapponesi e di una serie di fumetti statunitensi: Nick Seluk, The Awkward Yeti e Heart and Brain.
Perché Diwan
La parola araba, di origine probabilmente persiana, diwan significa di tutto un po’. Ma si tratta di concetti solo apparentemente lontani, in quanto tutti legati dalla comune etimologia del “radunare”, del “mettere insieme”. Così, diwan può voler dire “registro” che in poesia equivale al “canzoniere”. Dove registro significa anche l’ambiente in cui si conserva e si raduna l’insieme dei documenti utili, ad esempio, per il passaggio delle merci e per l’imposizione dei dazi, nelle dogane. Diwan, per estensione, significa anche amministrazione della cosa pubblica e, per ulteriore analogia, ministero. Diwan è anche il luogo fisico dove ci si raduna, si discute, si controllano i registri (o i canzonieri) seduti (per meglio dire, quasi distesi) comodamente per sfogliarli. Questo spiega perché diwan sia anche il divano, il luogo perfetto per rilassarsi, concentrarsi, leggere.
Questo blog vuole essere appunto un diwan: un luogo comodo dove leggere libri e canzonieri, letteratura e poesia, ma dove anche discutere di cose scomode e/o urticanti: leggi imposte, confini e blocchi fisici per uomini e merci, amministrazione e politica nel Vicino Oriente. Cominciando, conformemente all’origine della parola diwan, dall’area del Golfo, vero cuore degli appetiti regionali, che alcuni vorrebbero tutto arabo e altri continuano a chiamare “persico”.
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Laura Silvia Battaglia, giornalista professionista freelance e documentarista specializzata in Medio Oriente e zone di conflitto, è nata a Catania e vive tra Milano e Sana’a (Yemen). È corrispondente da Sana’a per varie testate straniere.
Tra i media italiani, collabora con quotidiani (Avvenire, La Stampa, Il Fatto Quotidiano), reti radiofoniche (Radio Tre Mondo, Radio Popolare, Radio In Blu), televisione (TG3 – Agenda del mondo, RAI News 24), magazine (D – Repubblica delle Donne, Panorama, Donna Moderna, Jesus), testate digitali e siti web (Il Reportage, Il Caffè dei giornalisti, The Post Internazionale, Eastmagazine.eu). Cura il programma Cous Cous Tv, sulle televisioni nel mondo arabo, per TV2000.
Ha girato, autoprodotto e venduto otto video documentari. Ha vinto i premi Luchetta, Siani, Cutuli, Anello debole, Giornalisti del Mediterraneo. Insegna come docente a contratto all’Università Cattolica di Milano, alla Nicolò Cusano di Roma, al Vesalius College di Bruxelles e al Reuters Institute di Oxford. Ha scritto l’e-book Lettere da Guantanamo (Il Reportage, dicembre 2016) e, insieme a Paola Cannatella, il graphic novel La sposa yemenita (BeccoGiallo, aprile 2017).