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Proprietà ecclesiastiche in Israele, nuovo braccio di ferro

Terrasanta.net
23 ottobre 2018
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Proprietà ecclesiastiche in Israele, nuovo braccio di ferro
I leader religiosi cristiani davanti alla basilica del Santo Sepolcro, chiusa in segno di protesta, lo scorso 25 febbraio a Gerusalemme. (foto Marie-Armelle Beaulieu/CTS)

Il contestato progetto di legge israeliano che porterebbe alla confisca delle terre ecclesiastiche poste in vendita circola alla Knesset. Protestano i leader religiosi cristiani. Il governo li rassicura.


(c.l.) – Appoggiata dal ministro della Giustizia israeliano Ayelet Shaked, una proposta di legge che autorizza lo Stato ebraico a confiscare i terreni venduti dalle Chiese di Terra Santa a investitori privati avrebbe dovuto essere all’ordine del giorno dei lavori della Knesset (il parlamento israeliano) domenica 21 ottobre. L’agenda inattesa ha messo in allerta i responsabili delle comunità cristiane greco-ortodossa, cattolica latina (i francescani) e armena in Terra Santa, che a nome delle 13 Chiese che gravitano su Gerusalemme, hanno esortato il primo ministro israeliano a «bloccare il disegno di legge una volta per tutte», come recita un passaggio della lettera inviata il 19 ottobre a Benjamin Netanyahu. Il quotidiano The Times of Israel riferisce che pressioni in tal senso sul premier sono state esercitate anche dall’Alleanza ellenico-israeliana – un potente caucus di senatori statunitensi, creato cinque anni fa per incoraggiare le relazioni tra Grecia, Cipro e Israele.

Di fronte a queste rimostranze, Benjamin Netanyahu è intervenuto affinché la discussione sul disegno di legge da parte della commissione della Knesset incaricata di approvare il testo fosse posticipata di una settimana. «La possibilità che venga nuovamente rimandata in futuro non è esclusa», afferma The Times of Israel. Sul suo account Facebook in arabo il Patriarcato greco-ortodosso domenica mattina ha annunciato che Benjamin Netanyahu la volontà di ritirare il progetto di legge. Ma al momento in cui scriviamo, non c’è alcuna dichiarazione ufficiale in tal senso. La minaccia rimane.

Il disegno di legge sponsorizzato dalla deputata del partito centrista Kulanu, Rachel Azaria, è stato messo a punto dopo la notizia che il Patriarcato greco-ortodosso di Gerusalemme aveva venduto ad alcuni anonimi investitori una parte dei terreni che possedeva nella Città Santa. La parlamentare israeliana, con la sua iniziativa, dichiarava di voler proteggere dalla speculazione edilizia centinaia di residenti di quartieri di Gerusalemme come Rehavia, Talbieh e Nayot che vivono su terre fino a poco tempo fa di proprietà della Chiesa ortodossa.

Le Chiese cristiane, da quando il testo è stato presentato per la prima volta alla Knesset nel luglio 2017, rifiutano di sottoporsi alle forche caudine perché vedono in questo disegno di legge una violazione dei loro diritti di vendita e, quindi, di proprietà.

La lettera del 19 ottobre – sottoscritta dal patriarca greco ortodosso di Gerusalemme, Theophilos III, da fra Francesco Patton, Custode di Terra Santa, e dal patriarca armeno di Gerusalemme, Nourhan Manougian, non è la prima iniziativa del genere. Le Chiese cristiane di Terra Santa sono state punte sul vivo e non hanno gradito essere ingannate con il ritorno nelle aule parlamentari israeliane di un disegno di legge che, in quest’ultima loro lettera, definiscono «umiliante». Nel febbraio scorso il governo israeliano aveva annunciato la volontà di sospendere l’esame di quel disegno di legge dopo la serrata della basilica del Santo Sepolcro decisa dalle Chiese di Gerusalemme in segno di protesta. Lo scorso giugno il disegno di legge aveva nuovamente fatto capolino camuffato in una nuova versione che cancellava ogni esplicito riferimento alle Chiese, limitandosi a citare sobriamente «le terre affittate che sono state messe in vendita». Anche in quel frangente i leader cristiani avevano reagirono con una lettera al primo ministro israeliano.

Il 23 ottobre il governo israeliano ha diffuso un comunicato del ministro per la cooperazione regionale Tzachi Hanegbi, incaricato anche di coordinarsi con le Chiese cristiane per venire incontro alle loro istanze. Dice il politico: «Il governo israeliano non ha alcuna intenzione di confiscare le terre delle Chiese o di causare loro danni economici di qualunque genere».

Lo stesso giorno il ministro ha incontrato per la seconda volta (la prima fu il 13 settembre) i rappresentanti delle tre maggiori comunità cristiane di Gerusalemme, presenti all’appuntamento anche a nome di tutte e 13 le Chiese di Terra Santa. «La comunità cristiana – ha soggiunto il ministro Hanegbi – è molto importante per lo Stato di Israele e una priorità per il governo, il cui obbiettivo è di proteggere i diritti delle Chiese, degli investitori e dei locatari. Il governo adotterà tutte le misure necessarie a proteggere i diritti delle Chiese in ogni passaggio».

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Ultimo aggiornamento: 23/10/2018 15:38

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