«Dai nostri scavi sono emerse più di 20 vertebre cervicali tagliate a colpi di spada», dice Yossi Nagar, un antropologo dell’Autorità israeliana per le antichità (Aia), citato dal quotidiano The Times of Israel. Sono chiari segni di decapitazione, risultato di una violenta esecuzione avvenuta a Gerusalemme poco più di 2.000 anni fa. Il sito Internet degli Amici dell’Autorità israeliana per le antichità riporta che Kfir Arbib, direttore degli scavi per conto della Aia, ha trovato in una cisterna delle ceramiche risalenti al I e II secolo a.C., e ciò darebbe appoggio alla teoria secondo cui i resti umani apparterrebbero ad ebrei vittime della tirannia di re Alessandro Ianneo che governò la Giudea dal 103 al 76 a.C.
Gli scavi sono stati effettuati nel quartiere russo di Gerusalemme, in un cortile adiacente il palazzo municipale, e i risultati sono stati resi pubblici nel corso della dodicesima Conferenza annuale sui nuovi studi archeologici a Gerusalemme e nella sua regione, svoltasi presso l’Università ebraica di Gerusalemme l’11 ottobre scorso.
L’antica cisterna scavata dagli archeologi servì da fossa comune nel I secolo a.C. Conteneva i corpi (interi o smembrati) di uomini, donne e bambini che, dopo essere stati gettati nel serbatoio, furono ricoperti di cenere, pietre e rocce. Gli scavi hanno anche rivelato ossa fetali, il che dimostrerebbe anche donne incinte furono vittime di un’esecuzione collettiva.
Per quanto macabra possa essere, la scoperta mette in luce la vita a Gerusalemme durante il regno di Alessandro Ianneo, uomo bellicoso, noto per il suo pugno di ferro e la crudeltà verso i rivali ebrei. Il terzo figlio di Giovanni Ircano I – fondatore della dinastia degli Asmonei – svolse anche le funzioni di sommo sacerdote nel secondo Tempio, rivendicando per sé i poteri reali e sacerdotali e creando, perciò, grande irritazione nei farisei.
Ianneo condusse una serie di guerre volte ad espandere il regno asmoneo sotto il profilo politico ed economico. Alla sua morte, il regno era potente e aveva raggiunto la sua massima espansione. Gli anni del suo governo furono tormentati da una serie di ribellioni costantemente represse. Nelle sue Antichità giudaiche (Libro 13: 372-376), Flavio Giuseppe narra che nel 96 a.C., dopo una sommossa nella festa delle Capanne, il re fece catturare e uccidere 6 mila ebrei nel cortile del Tempio di Gerusalemme. Lo storico antico sostiene anche che quella rivolta fu all’origine di una guerra civile tra i sadducei (sostenitori di Alessandro Ianneo) e i farisei, che sfidavano il suo sommo sacerdozio. Il conflitto durò sei anni, durante i quali morirono 50 mila ebrei.
Nell’88 a.C., a guerra finita, Flavio Giuseppe riferisce che Alessandro Ianneo era pronto a negoziare con i farisei. Questi ultimi, invece, unirono le forze con Demetrio III, il re seleucide che poi sconfisse lo Ianneo. Tuttavia, i 6 mila ebrei dell’esercito di Demetrios alla fine lo abbandonarono. E prontamente, Alessandro Ianneo schiacciò i ribelli farisei. 800 di loro furono ricondotti in catene a Gerusalemme e crocifissi durante un banchetto. Prima della loro morte, Alessandro fece giustiziare sotto i loro occhi le mogli e i figli, mentre lui pasteggiava con le concubine. La scoperta archeologica della fossa comune è probabilmente la prova materiale di quei massacri. Eventi evocati anche in un commento al Libro di Nahum trovato nella grotta 4 di Qumran.
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