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Riaperte le scuole Unrwa, nonostante Trump

Terrasanta.net
4 settembre 2018
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Riaperte le scuole Unrwa, nonostante Trump
Al cancello della scuola femminile gestita dall'Unrwa nel campo profughi di Dheisheh, alle porte di Betlemme, in Cisgiordania. (foto Miriam Alster/Flash90)

Ha avuto regolarmente inizio il nuovo anno scolastico per il mezzo milione di studenti delle scuole gestite dall'agenzia Onu che assiste i profughi palestinesi. Pesa il taglio dei contributi statunitensi.


(g.s.) – Nei giorni scorsi l’anno scolastico 2018-2019 si è aperto regolarmente negli istituti gestiti dall’agenzia delle Nazioni Unite per l’assistenza ai profughi palestinesi (Unrwa). Sono 526 mila gli studenti coinvolti, distribuiti in 711 scuole sparse in Siria, Giordania, Libano, Striscia di Gaza e Cisgiordania.

Per i funzionari Onu è stato motivo di grande soddisfazione mantenere l’impegno nonostante un buco di oltre 200 milioni di dollari nel bilancio 2018. Fatale il taglio dei finanziamenti che gli Stati Uniti versavano annualmente all’Unrwa. Per volontà del presidente Donald Trump, nel novembre 2017 Washington decise di ridurre di 300 milioni di dollari il proprio contributo per l’esercizio 2018, versandone solo 60 invece dei 364 stanziati nel 2017. Andrà peggio nel 2019: per fare pressione sulla dirigenza dell’Autorità nazionale palestinese, che non riconosce più la Casa Bianca come un mediatore credibile nelle relazioni con Israele, il 31 agosto il Dipartimento di Stato Usa ha annunciato la decisione di azzerare le sovvenzioni americane all’agenzia.

L’Organizzazione per la liberazione della Palestina marchia la decisione degli Usa come «crudele e irresponsabile» perché prende di mira il segmento più fragile della società palestinese.

Secondo il premier israeliano Benjamin Netanyahu, invece, il passo dell’amministrazione Trump «è benedetto e [rappresenta] un grande cambiamento». L’Unrwa, dal suo punto di vista, andrebbe smantellata, perché non fa che perpetuare la condizione di profughi dei palestinesi e, in qualche caso, dare copertura alle formazioni armate anti-israeliane nella Striscia di Gaza.

Sta di fatto che quello del 2018 è un buco senza precedenti in 70 anni di attività dell’agenzia che opera in favore di 5 milioni di profughi palestinesi. Per farvi fronte si sono resi necessari tagli e revisioni di spesa. Nella Striscia di Gaza, ad esempio, sono rimasti senza contratto 116 operatori, con tutto ciò che implica restare senza un salario in una situazione tanto complicata.

Per arginare la falla, l’Unrwa ha anche lanciato, in gennaio, la campagna La dignità non ha prezzo, volta a rastrellare nuovi fondi per l’esercizio 2018. L’iniziativa ha consentito di raccogliere 238 milioni di dollari, ma ne serviranno altri 217 entro dicembre, se si vogliono tenere le scuole aperte.

Vari Stati membri delle Nazioni Unite hanno incrementato il loro contributo finanziario all’Agenzia. In prima linea alcuni governi del golfo Persico: Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Kuwait. Nuovi fondi provengono anche dalla Germania e da un accordo pluriennale tra Svezia, Canada e Australia. Pure Turchia, India, Indonesia e Malaysia si sono impegnate ad accrescere i loro contributi. Si registra inoltre un aumento nelle donazioni private.

Lo svizzero Pierre Krähenbühl (52 anni) è alla testa dell’Unrwa dal 2014 come commissario generale. Se da una parte si rallegra per essere riuscito a mantenere il consueto livello di servizi anche in mezzo alle ristrettezze di quest’anno, dall’altra non nasconde il disappunto per la scelta dell’amministrazione Trump. Dichiara l’alto funzionario Onu: «È ovviamente una decisione per la quale esprimo il mio più profondo rammarico e sincera delusione (…) È estremamente spiacevole che sia stata assunta una simile deliberazione per considerazioni di natura politica, che nulla hanno a che fare con le prestazioni dell’Unrwa».

«Diciamolo chiaramente – incalza Krähenbühl –: l’azione umanitaria esiste perché ci sono delle guerre e perché nei conflitti in corso nel mondo si patiscono ingiustizie, dolore e ogni genere di violazioni».

Qualche analista ha osservato che, delegittimando l’Unrwa, i governi di Stati Uniti e Israele puntano a una ridefinizione della categoria di profugo palestinese, così da giungere a un drastico ridimensionamento del numero di persone riconosciute come tali. «La definizione di profughi palestinesi – obietta il commissario generale, citato dal quotidiano giordano The Jordan Times – è stata approvata dall’Assemblea generale dell’Onu, che la riconferma anno dopo anno. Non sta quindi a un singolo Stato membro determinare un mutamento della definizione o dei numeri».

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