(g.s.) – Per consuetudine, ogni anno il terzo martedì di settembre, nel Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite, si insedia una nuova sessione dell’Assemblea Generale, l’organismo più rappresentativo dell’Onu. Il 18 settembre scorso è stata inaugurata la 73.ma sessione e in questi giorni vanno confluendo a New York capi di Stato e di governo di un po’ tutti i Paesi del mondo per prendere la parola davanti ai rappresentanti dei 193 Stati membri.
Alcuni discorsi sono ovviamente più attesi di altri. Il 25 settembre prenderanno la parola, tra gli altri, i presidenti degli Stati Uniti Donald Trump, dell’Iran Hassan Rouhani, della Turchia Recep Tayyip Erdoğan e il re Abdallah di Giordania. Personalità che non potranno eludere temi come la crisi mediorientale, il conflitto in Siria, la ricerca di soluzioni alla questione israelo-palestinese…
Il 27 settembre si avvicenderanno al podio dell’Assemblea Onu il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Mahmud Abbas (Abu Mazen) e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.
Importanti quanto gli interventi in aula sono i colloqui bilaterali e gli incontri multilaterali organizzati dai più vari soggetti a margine dei lavori assembleari. Il palestinese Abu Mazen è già nella metropoli statunitense impegnato in faccia a faccia con i rappresentanti di governi ed organizzazioni internazionali, inclusi 4 dei 5 membri permanenti del Consiglio di Sicurezza Onu (esclusi gli Usa), per incassare nuovi consensi alle istanze palestinesi e alla soluzione dei due Stati per due popoli, che sembra ormai annebbiarsi all’orizzonte. Il premier israeliano Netanyahu atterrerà negli Stati Uniti nel pomeriggio di oggi, 25 settembre.
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