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Dal Papa a Bari nuova richiesta di pace per il Medio Oriente

Terrasanta.net
9 luglio 2018
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A Bari sabato 7 luglio un'altra tappa del cammino ecumenico. Su invito di Papa Francesco i capi delle Chiese mediorientali hanno messo in comune preghiere e riflessioni.


(g.s.) – Probabilmente sarà rimasto deluso qualcuno dei tanti fedeli che sabato mattina a Bari si accalcavano dietro le transenne davanti alla basilica di San Nicola e alla Rotonda sul lungomare cittadino scandendo a gran voce il nome di Francesco. Il Papa non si è concesso al popolo dei fedeli come fa generosamente nel corso delle sue trasferte. A Bari non voleva essere lui il protagonista di una giornata dall’impronta corale, ideata per mettere insieme in preghiera, ma anche intorno a una tavola rotonda, i massimi responsabili delle Chiese d’Oriente. Tutti invitati dal Papa di Roma a confrontarsi sull’odierna condizione dei cristiani nella regione mediorientale.

Francesco ha accolto le delegazioni che hanno accettato il suo invito sulla soglia della basilica, poi tutti si sono recati nella cripta per rendere omaggio alle reliquie del santo vescovo di Mira, vissuto nell’attuale Turchia a cavallo tra il Terzo e il Quarto secolo.

Terminato questo momento, gli ecclesiastici a bordo di un pullman bianco semiscoperto hanno raggiunto il ventoso lungomare per la preghiera affidata all’organizzazione della diocesi di Bari. Letture, invocazioni, brevi interventi e canti si sono alternati in varie lingue, attingendo anche al patrimonio liturgico dell’Oriente cristiano. È qui che Francesco ha preso pubblicamente la parola una prima volta. Nel suo intervento, piuttosto breve, il Papa ha ricapitolato gli intenti dell’incontro: da Bari «contempliamo l’orizzonte e il mare e ci sentiamo spinti a vivere questa giornata con la mente e il cuore rivolti al Medio Oriente, crocevia di civiltà e culla delle grandi religioni monoteistiche». «Su questa splendida regione si è addensata, specialmente negli ultimi anni, una fitta coltre di tenebre: guerra, violenza e distruzione, occupazioni e forme di fondamentalismo, migrazioni forzate e abbandono, il tutto nel silenzio di tanti e con la complicità di molti. Il Medio Oriente è divenuto terra di gente che lascia la propria terra. E c’è il rischio che la presenza di nostri fratelli e sorelle nella fede sia cancellata, deturpando il volto stesso della regione, perché un Medio Oriente senza cristiani non sarebbe Medio Oriente.

«Questa giornata – ha proseguito Bergoglio – inizia con la preghiera, perché la luce divina diradi le tenebre del mondo. (…) Preghiamo uniti, per invocare dal Signore del cielo quella pace che i potenti in terra non sono ancora riusciti a trovare. Dal corso del Nilo alla Valle del Giordano e oltre, passando per l’Oronte fino al Tigri e all’Eufrate, risuoni il grido del Salmo: «Su di te sia pace!» (122,8). Per i fratelli che soffrono e per gli amici di ogni popolo e credo, ripetiamo: Su di te sia pace! Col salmista imploriamolo in modo particolare per Gerusalemme, città santa amata da Dio e ferita dagli uomini, sulla quale ancora il Signore piange: Su di te sia pace! (…) Sia pace: è il grido dei tanti Abele di oggi che sale al trono di Dio. Per loro non possiamo più permetterci, in Medio Oriente come ovunque nel mondo, di dire: «Sono forse io il custode di mio fratello?» (Gen 4,9). L’indifferenza uccide, e noi vogliamo essere voce che contrasta l’omicidio dell’indifferenza. Vogliamo dare voce a chi non ha voce, a chi può solo inghiottire lacrime, perché il Medio Oriente oggi piange, oggi soffre e tace, mentre altri lo calpestano in cerca di potere e ricchezze».

Al termine dell’incontro a porte chiuse, prima del pranzo e del rientro in Vaticano, il Papa ha preso nuovamente la parola ammettendo, a nome di tutti, «il nostro peccato, l’incoerenza tra la fede e la vita, che oscura la testimonianza. Sentiamo di doverci convertire ancora una volta al Vangelo, garanzia di autentica libertà, e di farlo con urgenza ora, nella notte del Medio Oriente in agonia. Come nella notte angosciosa del Getsemani, non saranno la fuga (cfr Mt 26,56) o la spada (cfr Mt 26,52) ad anticipare l’alba radiosa di Pasqua, ma il dono di sé a imitazione del Signore. La buona notizia di Gesù, crocifisso e risorto per amore, giunta dalle terre del Medio Oriente, ha conquistato il cuore dell’uomo lungo i secoli perché legata non ai poteri del mondo, ma alla forza inerme della croce».

Ma la lettura della realtà offerta da Francesco, improntata alla sapienza evangelica, alla sapienza della croce, ha anche ribadito profetiche denunce.

«Incoraggiati gli uni dagli altri – ha riconosciuto il Pontefice – abbiamo dialogato fraternamente. È stato un segno che l’incontro e l’unità vanno cercati sempre, senza paura delle diversità. Così pure la pace: va coltivata anche nei terreni aridi delle contrapposizioni, perché oggi, malgrado tutto, non c’è alternativa possibile alla pace. Non le tregue garantite da muri e prove di forza porteranno la pace, ma la volontà reale di ascolto e dialogo. Noi ci impegniamo a camminare, pregare e lavorare, e imploriamo che l’arte dell’incontro prevalga sulle strategie dello scontro, che all’ostentazione di minacciosi segni di potere subentri il potere di segni speranzosi: uomini di buona volontà e di credo diversi che non hanno paura di parlarsi, di accogliere le ragioni altrui e di occuparsi gli uni degli altri. Solo così, avendo cura che a nessuno manchino il pane e il lavoro, la dignità e la speranza, le urla di guerra si muteranno in canti di pace».

Il Papa ha poi detto “basta” alla guerra: «Basta ai tornaconti di pochi sulla pelle di molti! Basta alle occupazioni di terre che lacerano i popoli! Basta al prevalere delle verità di parte sulle speranze della gente! Basta usare il Medio Oriente per profitti estranei al Medio Oriente! (…) La guerra è la piaga che tragicamente assale quest’amata regione. Ne è vittima soprattutto la povera gente. (…). La guerra è figlia del potere e della povertà. Si sconfigge rinunciando alle logiche di supremazia e sradicando la miseria. Tanti conflitti sono stati fomentati anche da forme di fondamentalismo e di fanatismo che, travestite di pretesti religiosi, hanno in realtà bestemmiato il nome di Dio, che è pace, e perseguitato il fratello che da sempre vive accanto. Ma la violenza è sempre alimentata dalle armi. Non si può alzare la voce per parlare di pace mentre di nascosto si perseguono sfrenate corse al riarmo. È una gravissima responsabilità, che pesa sulla coscienza delle nazioni, in particolare di quelle più potenti».

Basta, anche, «alla sete di guadagno, che non guarda in faccia a nessuno pur di accaparrare giacimenti di gas e combustibili, senza ritegno per la casa comune e senza scrupoli sul fatto che il mercato dell’energia detti la legge della convivenza tra i popoli!».

Avviandosi a concludere, il Papa ha ribadito quella che, già da molti anni ormai, è una richiesta esplicita e reiterata dei capi delle Chiese mediorientali ai politici e ai sistemi sociali dei loro Paesi: per tutelare ogni minoranza, «si spalanchi anche in Medio Oriente la strada verso il diritto alla comune cittadinanza, strada per un rinnovato avvenire». Come a dire che gli Stati devono riconoscere pari dignità a tutti i loro cittadini proprio in quanto tali, a prescindere dalle appartenenze etnico-religiose.

Non poteva mancare, prima del congedo, un pensiero a Gerusalemme, « città per tutti i popoli – ha ribadito Bergoglio –, città unica e sacra per cristiani, ebrei e musulmani di tutto il mondo, la cui identità e vocazione va preservata al di là delle varie dispute e tensioni, e il cui status quo esige di essere rispettato secondo quanto deliberato dalla Comunità internazionale e ripetutamente chiesto dalle comunità cristiane di Terra Santa. Solo una soluzione negoziata tra israeliani e palestinesi, fermamente voluta e favorita dalla comunità delle nazioni, potrà condurre a una pace stabile e duratura, e garantire la coesistenza di due Stati per due popoli».

 


 

Venuti da Oriente

Il 7 luglio hanno accolto la proposta di papa Francesco di incontrarsi a Bari numerosi uomini di Chiesa. Da Istanbul è giunto il patriarca ecumenico Bartolomeo I e dal Cairo il patriarca copto di Alessandria, papa Tawadros II, che hanno già incontrato più volte Bergoglio ed hanno con lui un rapporto fraterno di speciale cordialità.

Oltre a loro il patriarca greco ortodosso di Alessandria e di tutta l’Africa Theodoros II, l’arcivescovo Nektarios di Antedone, in rappresentanza del patriarca greco-ortodosso di Gerusalemme, Theophilos III; il metropolita Ilarione di Volokolamsk, in rappresentanza del patriarca di Mosca, Kirill; il patriarca siro ortodosso di Antiochia e di tutto l’Oriente, Ignatius Aphrem II: il vescovo della Chiesa armena del Regno Unito e dell’Irlanda, Hovakim, in rappresentanza del patriarca supremo Karekin II e il catholicos di Cilicia degli armeni, Aram I. La Chiesa assira d’Oriente era rappresentata dal patriarca Mar Gewarghis III.

Le Chiese orientali cattoliche erano rappresentate ai massimi livelli dal patriarca copto Ibrahim Isaac Sidrak; dal siro Ignace Youssif III, dal maronita, cardinale Béchara Boutros Raï; dal caldeo, cardinale Louis Raphael Sako, dall’armeno, Gregorio Pietro XX Ghabroyan e dall’arcivescovo Jean-Clément Jeanbart, di Aleppo, in rappresentanza del patriarca Youssef Absi.

La Chiesa latina in Medio oriente era rappresentata dall’arcivescovo Pierbattista Pizzaballa, amministratore apostolico del patriarcato di Gerusalemme. A lui è stata affidata la relazione introduttiva dell’incontro a porte chiuse svoltosi nella basilica di San Nicola dopo la preghiera a più voci sul lungomare.

Da Gerusalemme ha raggiunto il capoluogo pugliese anche il nuovo vescovo luterano di Giordania e Terra Santa, il dottor Sani Ibrahim Azar. Il Consiglio delle Chiese del Medio Oriente era rappresentato dal segretario generale ad interim, la libanese Souraya Bechealany, docente di teologia all’Università St. Joseph, di Beirut.

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