Sull'islam Sheikh Mahmud Akkam, il muftì di Aleppo, ha un pensiero originale e coraggioso. E per i connazionali cristiani parole di stima. Partiti i nemici esterni, dice, la Siria si riprenderà.
Avevo sentito molto parlare di Sheikh Mahmud Akkam, il muftì di Aleppo. Della sua laurea in Scienze islamiche alla Sorbona di Parigi, per esempio. Della sua simpatia per le teorie sufi. Delle sue prese di posizione contro il radicalismo islamico, espresse anche in una serie di Lettere ai jihadisti pubblicate su Internet per confutare gli argomenti di Al Baghdadi e compagnia. E anche del suo essere un po’ a disagio, bloccato sulla strada di ulteriori aperture da un lato dalla pressione degli ambienti musulmani più rigidi e conservatori e dall’altro dalla vigilanza del governo, che nel 2011 trovò proprio ad Aleppo gli esponenti religiosi più pronti ad attaccare Bashar al-Assad.
Così, durante un mio recente viaggio in Siria, mi sono dato da fare per incontrarlo. L’ho visto una prima volta in quel che resta del “tribunale islamico”, un palazzo che s’intuisce stupendo ma che ora è quasi tutto in macerie, poiché si trova ai piedi della Cittadella, in quella Aleppo Est che fu occupata per quasi quattro anni dai jihadisti e poi divenne l’epicentro dei combattimenti. Era il giorno in cui gli esponenti delle Chiese cristiane gli facevano visita per salutarlo e complimentarsi alla fine del Ramadan, e lui già in quell’occasione era stato capace di sorprendere, dicendo: «Dove ci siete voi cristiani i rapporti tra le persone sono più tranquilli e delicati, più umani».
Il giorno dopo, ottenuto l’incontro, ho ascoltato altri argomenti inattesi. «L’islam, anche in Siria, soffre per l’eccesso di peso dato alla legge, per la paura ossessiva di non rispettare la legge che prende molti», mi dice muftì Akkam, sotto lo sguardo attento di alcuni notabili del suo tribunale, «mentre dovremmo prestare molta più attenzione all’etica, ai valori di cui la nostra fede abbonda. L’etica viene prima della legge, è più sublime della legge. Ed è tra l’altro un grosso errore, per i musulmani, presentarsi come dei guardiani della legge. Trasmette un’immagine sbagliata di ciò che noi davvero siamo e rende tutti i contatti più difficili».
È una prospettiva nuova rispetto all’apparentemente immobile dibattito sull’islam (esiste un islam moderato? Islam e diritti dell’uomo possono convivere?) cui siamo abituati. E infatti l’azione di muftì Akkam è seguita con particolare interesse dalle Chiese cristiane, che nelle sue aperture trovano un terreno di dialogo. E a proposito di dialogo, gli chiedo che cosa pensi dei rapporti tra musulmani e cristiani dopo questi anni di guerra e di massacri. Saranno migliori, perché insieme hanno sofferto sotto l’attacco dei terroristi, o peggiori?
«In Siria non c’era, non c’è e non ci sarà alcun problema tra cristiani e musulmani», è la sua risposta, «abbiamo sempre saputo vivere insieme. La cosa davvero importante è che se ne vadano dal Paese tutti coloro, in primo luogo le potenze occidentali, che hanno voluto interferire con la vita del nostro Paese. Qui da noi convivenza e tolleranza non sono mai state solo parole».
Perché Babylon
Babilonia è stata allo stesso tempo una delle più grandi capitali dell’antichità e, con le mura che ispirarono il racconto biblico della Torre di Babele, anche il simbolo del caos e del declino. Una straordinaria metafora del Medio Oriente di ieri e di oggi, in perenne oscillazione tra grandezza e caos, tra civiltà e barbarie, tra sviluppo e declino. Proveremo, qui, a raccontare questa complessità e a trovare, nel mare degli eventi, qualche traccia di ordine e continuità.
—
Fulvio Scaglione, nato nel 1957, giornalista professionista dal 1981, è stato dal 2000 al 2016 vice direttore di Famiglia Cristiana. Già corrispondente da Mosca, si è occupato in particolare della Russia post-sovietica e del Medio Oriente. Ha scritto i seguenti libri: Bye Bye Baghdad (Fratelli Frilli Editori, 2003), La Russia è tornata (Boroli Editore, 2005), I cristiani e il Medio Oriente (Edizioni San Paolo, 2008), Il patto con il diavolo (Rizzoli, 2016). Prova a raccontare la politica estera anche in un blog personale: www.fulvioscaglione.com