«I luoghi Santi e la presenza di tanti pellegrini non bastano per affermare il carattere cristiano della Città: ha scritto mons. Pierbattista Pizzaballa in una lettera dello scorso 3 maggio. E l’amministratore apostolico del Patriarcato latino di Gerusalemme aggiunge che «senza la presenza di una comunità locale, viva e attiva, non ci può essere Chiesa».
La parrocchia latina di Gerusalemme ha un significato particolare: storicamente, perché è la prima parrocchia della diocesi, e simbolicamente, perché «custodisce fedelmente da sempre la memoria viva della morte e risurrezione di Cristo», resa visibile da coloro che formano la comunità locale. Per questo la lettera di mons. Pizzaballa è indirizzata non solo al parroco di Gerusalemme, padre Nerwan Al-Banna, ma a tutti i sacerdoti, religiosi e fedeli che fanno parte della parrocchia (quasi 5 mila persone).
La parrocchia comprende quattro chiese: San Salvatore, nella Città vecchia, san Giacomo a Beit Hanina (nord), la chiesa delle Palme a Betfage (est), e la chiesa di Beit Safafa (sud-ovest). Questa dispersione dei fedeli, che abitano in quartieri distanti tra loro e lontani dai luoghi di culto, pone una sfida pastorale più complessa, spiega mons. Pizzaballa. Perché «da un lato è difficile per i sacerdoti raggiungere in modo adeguato tutte queste località e dall’altro è difficile per la gente raggiungere i luoghi di culto e di incontro».
Alcuni chiarimenti
Per questo motivo, mons. Pizzaballa condivide nella sua lettera alcune riflessioni che sono iniziate negli organismi diocesani, con l’obiettivo di assicurare un servizio pastorale di qualità per tutti, ovunque vivano. In quest’ottica è stata sollevata la questione di creare una seconda parrocchia a Gerusalemme allo scopo di rafforzare la presenza sul territorio. L’amministratore apostolico afferma tuttavia di comprendere le preoccupazioni di alcuni fedeli che hanno visto in questa soluzione un collegamento con gli ultimi sviluppi politici e fiscali (e anche immobiliari) che hanno agitato la città.
Per mons. Pizzaballa si tratta di tutt’altro. Lo spiega chiaramente: «Posso assicurare che non è mai stata presa in considerazione e non è mai stata la base delle nostre valutazioni». E aggiunge: «Onestamente, dubito che le autorità politiche siano interessate o addirittura influenzate dalle nostre decisioni pastorali. Tuttavia, a causa di tutto questo, ho visto che è bene e saggio ascoltare e prendere in considerazione tutte le osservazioni a questo riguardo». L’intenzione è di tranquillizzare i parrocchiani latini di Gerusalemme, senza prendere decisioni contrarie al sentire comune della comunità. Aperto alla discussione, il responsabile del Patriarcato latino spera di incontrare nelle prossime settimane tutti i fedeli. «Cerchiamo soluzioni. Che sia quella di creare una nuova parrocchia a Gerusalemme, oppure altre soluzioni che possano aiutare la comunità di Gerusalemme e la Chiesa a pensare la propria presenza nella Città Santa e fortificarla. La riflessione è ancora aperta ed è importante che voi ne siate parte», conclude.