Storie, attualità e archeologia dal Medio Oriente e dal mondo della Bibbia

Che cosa raccontano le tappe del Giro

Giorgio Bernardelli
3 maggio 2018
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I corridori del Giro d’Italia 2018 pedaleranno presso luoghi significativi di Israele (tra cui la dimora del cardinal Martini). Si può avere uno sguardo diverso su un grande evento sportivo.


Alla fine ci siamo: è arrivato il momento della partenza di questo Giro d’Italia con tre tappe tra Gerusalemme, Haifa, Tel Aviv, Beer Sheva ed Eilat. Un omaggio nel nome di Gino Bartali, «Giusto tra le nazioni», ma voluto fortissimamente da Israele soprattutto come celebrazione dei suoi 70 anni, come Terrasanta.net sta raccontando. Molto è stato scritto sulle tensioni politiche e le polemiche che hanno accompagnato questo fatto sportivo. E al netto di tutta la retorica sullo sport come segno di pace, sarà ben difficile che il passaggio della carovana rosa in Terra Santa lasci dietro di sé molto più di qualche foto suggestiva dei corridori con lo sfondo delle mura di Gerusalemme o del deserto del Negev.

Eppure… Forse bisognerebbe dire anche che la bicicletta sarebbe un ottimo mezzo per provare a scoprire in profondità questo angolo del mondo. Certo, a Gerusalemme le pendenze non mancano e in molte zone della Terra Santa il caldo d’estate si fa sentire. Però pedalare permette come pochi altri mezzi di trasporto di non fermarsi alla superficie; fa stare in mezzo alle situazioni, condividendone le fatiche. E a quel punto ci si accorge che non tutto è bianco o nero, che le sofferenze non stanno tutte da una parte sola, che in questa terra guardata con tanti pregiudizi in realtà c’è tanta gente bella che nella sua quotidianità raggiunge traguardi importanti. Tra l’altro: a pensarla così era anche un certo Theodor Herzl, il fondatore del sionismo, che era molto fiero della sua bicicletta Opel Victoria Blitz (tuttora conservata al Museo ebraico di Vienna) considerata in quegli anni a cavallo del Novecento un segno forte di libertà dai condizionamenti.

Così ho provato a fare un gioco: sono andato sul sito ufficiale del Giro d’Italia e mi sono guardato i percorsi di queste prime tre tappe. Ho cercato non tanto i monumenti o le salite, ma i posti che dicono qualcosa di non banale sulla Terra Santa. E ne ho trovati tanti. Già nel prologo di Gerusalemme – ad esempio – i corridori passeranno molto vicini a Casa Rachele, la casa dove il vicariato per i migranti del Patriarcato latino di Gerusalemme tutti i giorni apre le porte ai figli degli stranieri e dei richiedenti asilo, che vivono in questa terra contesa in condizioni di estrema precarietà. Ma passerà anche non lontano dal quartiere dove ha la sua sede l’Hapoel Katamon, la squadra di calcio meno forte rispetto al Beitar ma non meno coraggiosa: gioca infatti in serie B in Israele, ma è quella che fin da piccoli fa giocare insieme ragazzini arabi ed ebrei.

La seconda tappa – quella da Haifa a Tel Aviv – vedrà invece i corridori nel circuito cittadino prima del via passare davanti all’House of Grace, la struttura della Chiesa melchita fondata negli anni Ottanta da Kamil e Agnes Shehede per aprire le porte a chi esce dal carcere. Quanto alla terza tappa, quella da Beer Sheva a Eilat nel deserto del Negev, avrà il ritrovo per la partenza poco lontano dagli uffici dell’Ajeec Nisped, altra delle realtà che vede lavorare insieme arabi ed ebrei in Israele, con un’attenzione particolare in questo caso alle popolazioni beduine.

Ho lasciato per ultimo un luogo di Gerusalemme particolarmente significativo: il circuito del prologo passa praticamente intorno al Pontificio Istituto Biblico, quella che era la casa del cardinale Carlo Maria Martini. E si inoltrerà nel parco della Knesset, dove negli ultimi anni trascorsi nella Città Santa l’arcivescovo emerito di Milano amava passeggiare. Già, che cosa avrebbe pensato il cardinale Martini di questo Giro d’Italia nella sua Gerusalemme? Sappiamo che non era insensibile al fascino della bicicletta: ricordava con un guizzo negli occhi le pedalate giovanili nella campagna piemontese; e quando morì Gino Bartali mandò ai funerali un messaggio in cui scriveva che il grande campione «aveva tanta grazia nel cuore». La stessa grazia di cui ha sete come non mai la Gerusalemme di oggi. E che Martini in Terra Santa ci ha insegnato dove cercare: non tra chi sfreccia veloce e senza capire chi gli sta a fianco, ma solo tra chi si alza sui pedali ogni giorno per arrivare lontano.

Clicca qui per leggere la storia della Casa Rachele

Clicca qui per leggere la storia dell’Hapoel Katamon

Clicca qui per visitare la pagina Facebook dell’House of Grace ad Haifa

Clicca qui per visitare il sito dell’Ajeec-Nisped che opera in favore dei beduini

  


 

Perché “La Porta di Jaffa”

A dare il nome a questo blog è una delle più celebri tra le porte della città vecchia di Gerusalemme. Quella che, forse, esprime meglio il carattere singolare di questo luogo unico al mondo. Perché la Porta di Jaffa è la più vicina al cuore della moderna metropoli ebraica (i quartieri occidentali). Ma è anche una delle porte preferite dai pellegrini cristiani che si recano alla basilica del Santo Sepolcro. Ecco, allora, il senso di questo crocevia virtuale: provare a far passare attraverso questa porta alcune voci che in Medio Oriente esistono ma non sentiamo mai o molto raramente.

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