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L’arte italiana del Novecento nei santuari di Terra Santa

Antonello Sacchi
20 aprile 2018
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Se ne è parlato il 19 aprile ai Musei Vaticani durante la presentazione di un libro sugli artisti coinvolti da Antonio Barluzzi nei lavori ai santuari. Tra i relatori anche fra Francesco Patton.


I Musei Vaticani hanno fatto da cornice ieri, 19 aprile, alla presentazione del volume Artisti italiani in Terrasanta. Pittori, scultori e artisti al lavoro nei santuari di Antonio Barluzzi (1914-1955) realizzato a cura di Bruno Mantura con Anna Maria Damigella e Gian Maria Secco Suardo (Collana di Studi e Documentazione, Edizioni Musei Vaticani, 2017).

Nella prima metà del secolo scorso numerosi artisti italiani portarono la loro arte e la loro professionalità nei santuari cristiani in Terra Santa. Questo volume ne documenta ampiamente l’opera che, sotto la sapiente direzione dell’ingegner Antonio Barluzzi, divenne testimonianza della fervente volontà di rinnovamento culturale e religioso. Una lunga e complessa ricerca d’archivio ha permesso di ripercorrere rigorosamente questa impresa tutta italiana, spesso attraverso il recupero di materiale inedito e fino ad oggi considerato disperso.

Sullo sfondo della “regia” di Barluzzi e indagando le peculiarità creative di ogni artista – tra questi, Mario Barberis, Luigi Trifoglio, Giulio Aristide Sartorio, Biagio Biagetti, Duilio Cambellotti e molti altri – il volume analizza le architetture, le pitture, le sculture e le varie decorazioni nei luoghi di culto, nonché gli interventi di restauro: dalla basilica della Trasfigurazione sul Monte Tabor, alla chiesa dell’Agonia al Getsemani, fino al Santuario della Flagellazione a Gerusalemme.

Seguono le biografie degli artisti e alcuni interessanti approfondimenti: l’indagine sull’opera di Antonio Barluzzi, le vicende storiche in Palestina dall’Impero Ottomano fino alla costituzione dello Stato di Israele e, in ultimo, la biografia dell’eclettico ingegnere.

Barbara Jatta, direttore dei Musei Vaticani, ha aperto la serie degli interventi e ha sottolineato il particolare carisma di Antonio Barluzzi, terziario francescano più volte tentato di prendere i voti: «Barluzzi era un uomo straordinario, prima uomo di fede e poi architetto, che ha dedicato la vita alla costruzione di molte chiese e al restauro dei luoghi santi. Riuscì a coinvolgere molti artisti importanti esportando l’arte italiana di quegli anni, artisti che avevano una profonda riflessione sul sacro».

Il Custode di Terra Santa, fra Francesco Patton, ha ricordato l’orizzonte temporale nel quale si cala la presentazione del volume: la conclusione della commemorazione degli otto secoli di presenza francescana in Terra Santa e l’incombere della ricorrenza, nel 2019, dell’ottavo centenario dell’arrivo di san Francesco d’Assisi in Terra Santa. «È dentro una storia di riscoperta, recupero e restituzione da parte della Custodia di molti santuari che si inserisce la relazione fra la Custodia e Barluzzi. Questo architetto cattolico, fervente terziario francescano continuamente tentato dal chiostro, era un professionista di straordinaria efficienza e organizzazione formidabile».

Tra il 1912 e il 1955 Barluzzi progetta e restaura 24 fra chiese e ospedali. «Mi è caro il ricordo della basilica del Getsemani, chiamata delle Nazioni perché coinvolse le nazioni che si erano combattute [nella Prima guerra mondiale]» ha ricordato il Custode, che ha poi concluso: «Prima del Barluzzi i progettisti si ispiravano a forme neogotiche. Barluzzi volle non riproporre parole già dette. Era un vero credente dotato di spirito religioso. Conformando tutta la sua vita a una visione austera, voleva tradurre la sua fede profonda in un’architettura capace di coinvolgere i fedeli». Ecco perché i nuovi santuari sorsero con una duplice valenza: essere richiamo preciso alla vita del Cristo predisponendo all’apertura del cuore. La basilica del Getsemani è un ambiente che in qualche modo ricrea la notte, mentre quella della Trasfigurazione è pensata come sorgente di luce perché il monte Tabor, che sormonta, è esperienza luminosa.

All’intervento di Matteo Lafranconi, direttore delle Scuderie del Quirinale, è seguito quello conclusivo di Micol Forti, curatore della Collezione d’Arte contemporanea dei Musei Vaticani, che ha richiamato il legame profondo fra Barluzzi e la destinazione liturgica delle opere che stava facendo e si è soffermata sul rapporto di Barluzzi con il contesto di Terra Santa, speciale e vincolante. «Il rapporto – ha sottolineato la dottoressa Forti – non è più fra tradizione e innovazione ma scaturisce dalla comprensione profonda di un messaggio che quei luoghi custodiscono».

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