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Bersagli civili

Fulvio Scaglione
12 aprile 2018
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Tra il 2011 e il 2016 il numero dei civili uccisi, nel mondo, da atti di violenza compiuti con esplosivi è aumentato del 48 per cento. In guerra i militari muoiono meno.


Mentre i venti di guerra soffiano sempre più pericolosi, e investono non più solo la Siria e il Medio Oriente ma il Mediterraneo intero e persino l’Europa, conviene dare un’occhiata alle ricerche di Action on Armed Violence (Aoav), l’organizzazione che ha sede a Londra e che attraverso un costante monitoraggio, l’azione informativa e la presenza sul campo cerca di ridurre gli atti di violenza con uso di esplosivi.

È vero, qualcuno potrebbe ritenere che l’analisi dei dati (ma Aoav fa molto di più, ovviamente) e la pedagogia possano servire a poco di fronte a certi fenomeni. Ma prima o poi bisognerà prendere coscienza della china su cui stiamo scivolando, di quanto sia orrendo parlare di guerra mondiale con questa facilità e anche con questa tranquillità. Nel 1991, all’epoca della prima Guerra del Golfo, molti corsero nei supermercati a fare incetta di generi di prima necessità mentre oggi, quando all’orizzonte si profila lo scontro armato tra Russia e Stati Uniti, nessuno pensa di aver bisogno di un po’ di zucchero e olio in più.

Il dato che Aoav  ci propone sopra tutti è questo: tra il 2011 e il 2016 il numero dei civili uccisi, nel mondo, da atti di violenza compiuti con esplosivi è aumentato del 48 per cento. Da poco più di 30 mila nel 2011 a quasi 44 mila nel 2016.

Sono cifre spaventose. Ma ancor più spaventoso è notare altri due fatti. Il primo è questo: nel 2011 gli atti di violenza con uso di esplosivi furono molti più di quelli verificatisi nel 2016, 2.522 contro 2.300. Eppure, i morti sono stati molto più numerosi nel 2016, ben 11.807, che nel 2011, «solo» 6.138. Il che evidentemente significa che gli ordigni, impiegati soprattutto in attentati di stampo terroristico, sono diventati più micidiali, e più spietati e precisi coloro che ne fanno uso.

L’altro fatto è questo: delle circa 234 mila vittime causate dall’uso di esplosivi nel periodo 2011-2016, la stragrande maggioranza (177.653) era formata da civili disarmati. Ennesima conferma che oggi le guerre, anche quelle dette «ibride» e condotte da milizie armate autonome o complementari a eserciti regolari, si combattono soprattutto sulla pelle delle popolazioni. Gli uomini in uniforme sono vittime collaterali dei conflitti in corso.

Sono realtà atroci ma vale la pena di ricordarle proprio in queste ore. Ore in cui qualcuno ancora crede che le bombe e la guerra possano risolvere qualcosa. Se quelli riportati qui sopra sono i risultati delle azioni di attori tutto sommato secondari, che cosa potrebbe succedere se entrassero in azione gli attori protagonisti?

 


 

Perché Babylon

Babilonia è stata allo stesso tempo una delle più grandi capitali dell’antichità e, con le mura che ispirarono il racconto biblico della Torre di Babele, anche il simbolo del caos e del declino. Una straordinaria metafora del Medio Oriente di ieri e di oggi, in perenne oscillazione tra grandezza e caos, tra civiltà e barbarie, tra sviluppo e declino. Proveremo, qui, a raccontare questa complessità e a trovare, nel mare degli eventi, qualche traccia di ordine e continuità.

Fulvio Scaglione, nato nel 1957, giornalista professionista dal 1981, è stato dal 2000 al 2016 vice direttore di Famiglia Cristiana. Già corrispondente da Mosca, si è occupato in particolare della Russia post-sovietica e del Medio Oriente. Ha scritto i seguenti libri: Bye Bye Baghdad (Fratelli Frilli Editori, 2003), La Russia è tornata (Boroli Editore, 2005), I cristiani e il Medio Oriente (Edizioni San Paolo, 2008), Il patto con il diavolo (Rizzoli, 2016). Prova a raccontare la politica estera anche in un blog personale: www.fulvioscaglione.com

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