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Una Giusta eritrea onorata nel giardino dell’Oasi di pace

Beatrice Guarrera
7 marzo 2018
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Una Giusta eritrea onorata nel giardino dell’Oasi di pace
La dottoressa Alganesh Fesseha al centro tra il prof. Yair Auron e Martina Landi a Neve Shalom - Wahat al-Salam il 6 marzo 2018. (foto Nadim Asfour/Cts)

Nel Giardino dei Giusti del villaggio israeliano di Neve Shalom - Wahat al-Salam il 6 marzo scorso omaggio all'impegno di Alganesh Fesseha che si è prodigata per i migranti africani nel Sinai.


Alganesh Fesseha sorride tra gli alberi del Giardino dei Giusti nel villaggio di Neve Shalom – Wahat al-Salam: è una delle premiate della seconda Giornata dei Giusti celebrata il 6 marzo nel villaggio israeliano il cui nome, in ebraico e in arabo, significa «Oasi di Pace». Alla dottoressa di origine eritree è stato reso omaggio per «il suo lavoro e la sua lotta contro il traffico di esseri umani, il rapimento, la tortura e lo stupro di profughi africani». Davanti ai bambini della scuola del villaggio e agli invitati, Alganesh racconta: «Mi occupo dei profughi e delle persone vulnerabili, di quelle che sono dimenticate dalla società. Ho creato per questo la ong Gandhi presente in molti paesi africani».

La sua è una storia di coraggio e impegno, iniziato nel 2002 quando era in Sudan a lavorare per un’azienda internazionale. Dopo aver visto le condizioni miserevoli di un gruppo di fratellini, eritrei come lei, decise che doveva fare qualcosa per aiutarli. Con la sua ong Gandhi, fondata a Milano, il lavoro è iniziato in Costa D’Avorio, aiutando le donne maltrattate dalla società e dai mariti, a integrarsi nei loro stessi paesi. «Abbiamo scelto il nome “Gandhi” perché crediamo nella pace e nell’armonia – sostiene Alganesh -. L’essere umano può vivere con gli altri senza essere maltrattato, torturato, deportato. Io credo che tutti insieme possiamo vivere in pace e armonia ed è questo l’esempio che ci dà Neve Shalom – Wahat al-Salam». Durante la cerimonia, all’aperto tra gli alberi del Giardino dei Giusti, i bambini della scuola del villaggio si sono esibiti cantando e suonando.

«Sono in Israele per la prima volta e, pur non operando qui direttamente, la nostra associazione si è occupata molto della deportazione dei migranti – racconta ancora la dottoressa -. Oggi questo è un problema impellente e riguarda persone che hanno sofferto molto, passando per il Sinai. Ci ho lavorato per cinque anni, dal 2013, e abbiamo salvato più di 750 persone dalle mani dei trafficanti beduini. Dagli 8 mila ai 10 mila sono morti nel Sinai e quanti organi sono stati venduti in questo traffico!». Quando i migranti non hanno i soldi per pagare il viaggio, possono incappare, infatti, in gruppi di criminali che li rapiscono per prelevarne gli organi e rivenderli. Alganesh Fesseha racconta comunque che «essere giusti non è facile». Decidere chi salvare, quando si devono scegliere persone per i corridoi umanitari, è sempre la cosa più difficile.

Alla creazione del Giardino dei Giusti di Neve ShalomWahat al-Salam ha lavorato il prof. Yair Auron, storico specializzato nello studio dei genocidi. Dopo aver lavorato anche per lo Yad Vashem (il Memoriale dell’Olocausto situato a Gerusalemme), il professor Auron, ha avuto l’idea di commemorare coloro che rischiarono la propria vita per altri. «Abbiamo deciso di onorare quest’anno anche quei palestinesi che salvarono ebrei a Hebron nel 1929», spiega Auron, che ha collaborato anche alla stesura di un libro su quegli atti eroici. «Queste storie sono importanti sotto il profilo pedagogico ma restano sconosciute – osserva il professore -: la mia missione ora è diffondere la conoscenza di questi casi di aiuto reciproco».

«Essere qui in questa Giornata dei giusti, è molto importante per la nostra associazione», ha detto Martina Landi, rappresentante dell’associazione italiana Gariwo, che ha accompagnato Alganesh Fesseha e ha contribuito alla creazione del Giardino dei Giusti di Neve Shalom Wahat al-Salam. «La crisi dei migranti dopo il 2013 a Lampedusa, ci ha spinto a cercare tutte quelle persone che si stavano impegnando non solo nel soccorso immediato ai migranti in mare, ma anche nel soccorso più ampio contro il traffico di organi, ad esempio – aggiunge Landi -. Così abbiamo incontrato Alganesh e nel 2015 le abbiamo dedicato un albero nel Giardino dei Giusti di Milano. Nel 2016 l’abbiamo onorata anche nel Giardino dei Giusti dell’ambasciata d’Italia a Tunisi».  «Per noi è una donna da Nobel per la pace», che ha il merito di stare ampliando il discorso del soccorso ai rifugiati: oltre alla prima assistenza, si cercano anche vie legali per trasportarli con i corridoi umanitari, oppure per dare assistenza sul versante della scolarizzazione e di un posto di lavoro.

Ashraf Eid al-Ajrami, membro del comitato palestinese per il collegamento con la società israeliana per conto dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) e ministro per le questioni dei detenuti dell’Autorità palestinese, avrebbe dovuto essere presente in occasione del riconoscimento, ma gli è stato impedito l’ingresso in Israele per partecipare all’evento.

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