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Le ferite del Cenacolo

Beatrice Guarrera
29 marzo 2018
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È uno dei Luoghi Santi più importanti di Gerusalemme, ma il Cenacolo è anche uno spazio conteso. Il Giovedì Santo è una delle poche occasioni in cui i cristiani possono raccogliervisi in preghiera.


Si trova a poche centinaia di metri dalla Porta di Sion della città vecchia di Gerusalemme ed è considerato la «sala al piano superiore», dove, secondo i Vangeli, Gesù celebrò l’Ultima Cena con i suoi discepoli. Il Cenacolo è uno dei Luoghi Santi più importanti per i cristiani e si ritiene sede di avvenimenti fondamentali come l’istituzione dell’Eucaristia, la lavanda dei piedi, la discesa dello Spirito nella Pentecoste, la residenza della prima Chiesa. Legati a questo luogo ci sono però oggi diverse problematiche relative al riconoscimento della proprietà e alle rivendicazioni ebraiche. Al piano inferiore della sala crociata del Cenacolo, si trova infatti quella che è considerata la tomba (o il cenotafio – ndr) del re Davide, venerata non solo dagli ebrei, ma anche dai musulmani che riconoscono Davide come un profeta. Salvo rarissime eccezioni (come è accaduto in occasione dei recenti pellegrinaggi papali), ai cristiani oggi non è consentito celebrare nel Cenacolo alcuna messa, ma solo visitare la sala.

Il riconoscimento del Cenacolo come luogo dell’Ultima Cena è attestato fin dai primi secoli del cristianesimo. Nel IV secolo il vescovo Epifanio racconta di aver visto il Cenacolo, risparmiato dalla distruzione di Gerusalemme dell’imperatore Adriano, dopo la seconda rivolta ebraica (II secolo). Sul Luogo fu costruita una grande basilica alla fine del IV secolo che venne chiamata «Santa Sion» e «Madre di tutte le chiese». Dopo la demolizione del 1219, ordinata dal sultano, rimase in piedi soltanto la stanza crociata del Cenacolo, con la sottostante commemorativa Tomba di Davide. Nel 1333 i francescani poterono acquisire il Luogo – come dono dei sovrani di Napoli Roberto d’Angiò e Sancha di Maiorca – che diventò la prima sede della Custodia di Terra Santa. Nel 1552 i francescani vennero cacciati dagli Ottomani, che trasformarono in moschea la «sala al piano superiore».

Nel 1948, con la costituzione dello Stato d’Israele, il complesso del Cenacolo passò nelle mani del nuovo stato, per la presenza della tomba di Davide. Fino al 1967 gli israeliani non avevano accesso al Muro occidentale (o Muro del Pianto), che ricadeva nella parte della città controllata dalla Giordania. La tomba di Davide era quindi uno dei luoghi santi ebraici più importanti, dal tetto del quale, oltretutto, era possibile intravedere il Muro del Tempio.

«È questo uno dei luoghi più feriti di tutta la Terra Santa, testimone delle tante ferite nei popoli che la abitano», affermava fra Pierbattista Pizzaballa, allora custode di Terra Santa, durante la visita di papa Francesco al Cenacolo nel 2014. «Ma noi – soggiungeva il francescano – vogliamo credere che queste ferite hanno un legame misterioso e reale con le stigmate della Passione con cui il Risorto, qui, apparve ai suoi». Ancora oggi le ferite di quel Luogo non sono state sanate.

«Il Cenacolo è uno dei santuari più importanti per noi cristiani, ma non è parte dello Status Quo», chiarisce fra Athanasius Macora, segretario della Commissione dello Status Quo per i francescani di Terra Santa. Continua il frate: «La proprietà legale è dei francescani, ma c’è ancora un contenzioso con lo Stato di Israele». Il riferimento è ai negoziati tra la Santa Sede e Israele iniziati l’11 marzo 1999 (ma non ancora giunti in porto) in seguito all’accordo firmato tra le due parti il 30 dicembre 1993. C’era molta speranza che il governo israeliano avrebbe effettuato la restituzione almeno nel 2000, in occasione del pellegrinaggio di papa Giovanni Paolo II, ma purtroppo non è accaduto. La Chiesa cattolica non sembra comunque che voglia cedere e anche per questo il titolo del Custode di Terra Santa rimane sempre quello di «Guardiano del Monte Sion e del Santo Sepolcro».

Da quasi vent’anni fra Athanasius è responsabile dello Status Quo, ma non anche delegato ai Luoghi Santi, come era invece il suo predecessore. Già da prima del suo arrivo, il Cenacolo costituiva «un capitolo a sé», in quanto oggetto dei negoziati. «Negli statuti della Custodia di Terra Santa il Cenacolo compare come uno dei primi Luoghi Santi – spiega fra Athanasius –. Abbiamo sempre la speranza di tornare perché la proprietà è ancora rivendicata da noi francescani». I cattolici, pur non avendo il permesso di celebrarvi la messa, possono pregare comunitariamente nel Cenacolo il Giovedì Santo e a Pentecoste. Anche per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani è previsto un incontro tra i rappresentanti delle Chiese cristiane, proprio nella sala dove avvenne la Pentecoste e i discepoli cominciarono a parlare tutte le lingue del mondo, grazie alla discesa dello Spirito Santo.

«Le altre Chiese di Terra Santa non hanno proprietà sul Cenacolo e non avrebbero diritto di fare pellegrinaggi ufficiali su quell’area – osserva fra Athanasius -, eppure svolgono una peregrinazione all’anno lì per la Pentecoste». Dal 1967 gli israeliani hanno aperto l’accesso al Cenacolo ed è da quel momento che, da quanto si sa, altre comunità cristiane hanno cominciato a recarvisi annualmente. Il frate francescano racconta: «I greco-ortodossi, quando vanno al Cenacolo, vogliono poi pregare alla tomba di Davide, ma vi portano croci e incenso e questo alle volte ha creato problemi». La preghiera in quel luogo espone, infatti, alla possibilità di incorrere nelle grida di ebrei ortodossi, scandalizzati dalla presenza dei cristiani. «Di recente è stato fondato un gruppo di persone che vuole proteggere la tomba di Davide dai cristiani», spiega ancora fra Athanasius.

Da meno di dieci anni, i francescani della Custodia di Terra Santa nella peregrinazione del Giovedì Santo svolgono anche il rito della Lavanda dei piedi. È un momento che avrà luogo nel pomeriggio dopo la Messa crismale e la Messa in Coena Domini al Santo Sepolcro. «Abbiamo scelto dodici bambini tra quelli che si stanno preparando alla Cresima – spiega fra Nerwan Al Bana, parroco di San Salvatore, la parrocchia latina di Gerusalemme – e che provengono dalle sette scuole di suore che sono collegate alla parrocchia. Il Custode laverà loro i piedi». Anche qui per il parroco questi sono giorni impegnativi, ma fra Nerwan è determinato: «Dobbiamo conservare la Chiesa in questa parte del mondo, perché Gerusalemme, anche se antica, distrutta varie volte e piena di problemi, è dove è nata la Chiesa. Abbiamo l’obbligo di continuare l’opera dei primi discepoli».

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