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La basilica del Santo Sepolcro riapre il 28 febbraio

Beatrice Guarrera
27 febbraio 2018
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La basilica del Santo Sepolcro riapre il 28 febbraio
Il sagrato del Santo Sepolcro affollato di cristiani locali e pellegrini nel pomeriggio del 27 febbraio. (foto m.a.b./Cts)

Il governo israeliano presta ascolto alle preoccupazioni dei leader religiosi cristiani dopo tre giorni di chiusura del Santo Sepolcro. Manifestazione dei cristiani locali.


«Si tratta di una notizia positiva che apprezziamo molto». Così il Custode di Terra Santa, fra Francesco Patton, ha commentato la dichiarazione diffusa questo pomeriggio dall’ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. In serata, dopo un confronto con Theophilos III, patriarca greco-ortodosso di Gerusalemme, e Nourhan Manougian, patriarca armeno, è stata decisa la riapertura della basilica del Santo Sepolcro – rimasta chiusa per tre giorni – all’alba di domattina, 28 febbraio.

I nuovi sviluppi erano attesi già dal primo pomeriggio e nel momento in cui è uscita la dichiarazione del governo, il sagrato del Santo Sepolcro era affollatissimo. I cristiani di Gerusalemme, infatti, si sono riuniti nel quartiere cristiano per manifestare solidarietà alla decisione dei capi delle Chiese che hanno deciso la chiusura del Santo Sepolcro. Ad organizzare la manifestazione è stata l’associazione della città vecchia Seeds of better life (Semi di una vita migliore) e al suo appello si sono uniti cristiani di varia provenienza.

«Tutto quello che accade alle Chiese, accade a noi, perché noi siamo parte del corpo di Cristo – ha spiegato Lohai Sahid, presidente di Seeds of better life –. La nostra chiesa è chiusa e noi come cristiani che vivono qui dobbiamo fare qualcosa». Tra scout latini, greco ortodossi, abitanti del quartiere cristiano e anche qualche musulmano, il corteo si è mosso fino al Santo Sepolcro. Gesù era evocato in ognuno dei loro cori e rappresentato sulla croce che a turno i manifestanti elevavano verso l’alto.

La richiesta di «giustizia per i cristiani del Medio Oriente» è ciò che ha spinto un greco-ortodosso della città vecchia a muoversi e lo ha indotto a creare anche una pagina Facebook. «Vogliamo supportare tutte le persone che hanno organizzato questo e vogliamo che la Chiesa riapra» ha affermato una gerosolimatana di nome Wafeh. Sania, una volontaria dalla Croazia, si è messa in marcia per dare solidarietà ai cristiani di Gerusalemme: «Ciò che è importante per loro è importante per noi».

In piazza tanti giovani, bambini e anche anziani. Come Sihan, una cristiana greco-ortodossa o Joseph, un melchita della città vecchia. «Sono triste per quello che sta accadendo, ma come cristiano non potevo non essere presente oggi», ha spiegato Joseph. Anche Mary, un’anziana di rito latino, era davanti al Santo Sepolcro quando il corteo è arrivato. Va ogni giorno a pregare al Santo Sepolcro e nonostante questa chiusura, ha deciso di continuare a farlo. Dopo i cori dei manifestanti, un gruppo di egiziani copti ha cantato davanti al Santo Sepolcro e poi ha dovuto andarsene come tanti pellegrini in questi giorni. Molti saranno stati delusi, ma i francescani che vivono all’interno del Santo Sepolcro hanno assicurato le loro preghiere per tutti coloro che hanno trovato la porta sbarrata.

«Anche se non possiamo uscire, la nostra vita di ogni giorno è la stessa – ha spiegato al telefono fra Zacheusz Drazek, presidente della fraternità francescana del Santo Sepolcro -. Siamo dieci frati e preghiamo per tutti i pellegrini». Da domenica pomeriggio a essere rimasti all’interno della basilica, infatti, sono solo le comunità di religiosi greco-ortodossi, francescani e armeni che vivono nel Sepolcro. Ogni giorno si svolgono le liturgie e le processioni quotidiane dei francescani, pur senza pellegrini. Eppure sentirli cantare lì fuori sulla piazza è un segno importante per loro. Lo ha raccontato il sacrestano francescano fra Sinisa Srebrenovic: «È un segno perché quelli che vengono in pellegrinaggio, hanno come meta il Sepolcro di Gesù e trovano la porta chiusa. Eppure trovano la speranza di pregare davanti a quella porta chiusa». «Nel passato è successo più volte che i frati rimanessero chiusi settimane nel Sepolcro, ma hanno sempre svolto la loro vita normale – ha continuato il frate -. Siamo qui a nome della Chiesa, assicurando che ci sia una preghiera costante in questo luogo santo. Non siamo qui per fare politica, ma per proteggere la presenza cristiana. Sono 800 anni che i frati sono in Terra Santa e il nostro scopo è sempre rimasto questo».

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