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In Israele giro di vite sull’apertura dei negozi di Shabbat

Christophe Lafontaine
12 gennaio 2018
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In Israele giro di vite sull’apertura dei negozi di Shabbat
La "legge Shabbat" non riguarda Tel Aviv, città nota per il suo carattere particolarmente laico. (foto Flash90)

Il parlamento israeliano ha approvato il 9 gennaio scorso una legge controversa che consente al governo di introdurre restrizioni sull'apertura dei negozi nel giorno consacrato al riposo settimanale.


Con una maggioranza risicata di 58 voti contro 57 i deputati della Knesset hanno approvato il 9 gennaio scorso la cosiddetta «legge Shabbat». Il testo accorda al ministero dell’Interno israeliano la possibilità di annullare le nuove ordinanze che potrebbero essere adottate dalle municipalità riguardo agli orari di apertura dei piccoli esercizi commerciali nel giorno di Shabbat (sabato). Questo giorno di riposo settimanale è sacro per il giudaismo e comincia con al tramonto del venerdì per finire al tramonto del sabato. In quell’arco di tempo i precetti religiosi ebraici vietano di viaggiare, spostarsi in auto, accendere o spegnere la luce.

La normativa fa eccezione per Tel Aviv il cui stile di vita laico fa sì che la pratica religiosa sia meno osservata che nel resto del Paese. La Corte suprema israeliana ha recentemente stabilito che la «città bianca» può adottare regolamenti propri per regolare l’apertura dei negozi durante lo Shabbat. Alcuni deputati della coalizione di governo speravano di poter introdurre un’analoga esenzione anche per il centro balneare di Eilat, la città più meridionale di Israele che si affaccia sul Mar Rosso. Non è stato possibile, con rammarico del ministero del Turismo. I partiti ultraortodossi Shas e Giudaismo unificato nella Torah (YaHadout HaTorah) si sono messi di traverso.

D’altronde, la legge approvata nei giorni scorsi non si applicherà in modo retroattivo ai regolamenti municipali già in vigore, sottolinea Haaretz. Un buon numero di amministrazioni comunali, nelle ultime settimane, s’era affrettato ad approvare normative locali che consentissero ai negozi di restare aperti anche di sabato. È il caso della città di Givatayim, che segue le orme di Rishon Lezion, entrambe situate nei dintorni di Tel Aviv.

Da notare che i negozi di alimentari collegati alle stazioni di servizio e gestiti dalle stesse non sono toccati dalla nuova legge. Quelli che, pur trovandosi nel complesso di una stazione, esercitano un’attività distinta e autonoma, invece sì.

Il rispetto dello Shabbat è una questione essenziale per i partiti ultraortodossi che propugnano l’applicazione rigorosa dei precetti del giudaismo. L’argomento causa regolari tensioni in seno al governo presieduto da Benjamin Netanyahu sin da quando si insediò nel 2015.

Rispecchiando il Paese, la coalizione governativa era profondamente divisa su questo tema. Alcuni dei suoi parlamentari, irritati, si sono astenuti o hanno votato con l’opposizione, considerando la legge come un tentativo di obbligare tutti i cittadini ad osservare scrupolosamente la legge giudaica (Halakha). I negozi di alimentari e i supermercati gestiti dagli ebrei generalmente restano con le serrande abbassate di sabato, ma la situazione varia in funzione della fisionomia, più o meno religiosa, del quartiere in cui si trovano.

Occorre sapere che il progetto di legge era promosso e sostenuto dal partito ultraortodosso di destra Shas, del ministro dell’Interno Aryeh Deri. È stato adottato dopo 15 ore di ostruzionismo sistematico da parte dell’opposizione. Secondo l’emittente televisiva israeliana i24news, il ministro era arrivato a minacciare le dimissioni in caso di mancata approvazione della legge. Dopo l’esito del voto Deri si è rallegrato per questa «vittoria per la maggioranza silenziosa che intende garantire il carattere ebraico dello Stato e che è difende il riposo in giorno di Shabbat», secondo quanto riferisce il quotidiano The Times of Israel.

Lo stesso giornale riporta la posizione del ministro della Difesa, Avigdor Liberman, capo del partito Israel Beytenu (Israele casa nostra) che dal suo profilo Twitter definisce «deplorevole» l’adozione della legge, osservando che il giudaismo e la tradizione ebraica non hanno nulla a che vedere con qualsiasi coercizione religiosa. «Una legge simile – ha aggiunto – anziché avvicinare la gente al giudaismo, non fa che allontanarla».

Dalle file dell’opposizione parlamentare Zehava Galon, leader del partito di sinistra Meretz, ha annunciato l’intenzione di ricorrere alla Corte suprema contro la nuova legge, che a suo avviso «compromette i diritti fondamentali di ogni cittadino del paese a vantaggio della sopravvivenza politica del governo Netanyahu». «Se pensano che lasceremo passare la cosa come se nulla fosse si sbagliano di grosso», ha commentato la Galon su Twitter.

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