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A Damasco anche conventi e chiese sotto le bombe

Giuseppe Caffulli
17 gennaio 2018
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Colpi di mortaio cadono da giorni sui quartieri cristiani di Damasco, in Siria. A farne le spese soprattutto il patriarcato melchita e la parrocchia dei francescani della Custodia di Terra Santa.


Un centinaio, forse più. Una vera e propria pioggia di colpi di mortaio cade da lunedì 8 gennaio sui quartieri cristiani all’interno della città vecchia di Damasco. A farne le spese soprattutto il patriarcato greco-cattolico (melchita) e la parrocchia retta dai frati francescani della Custodia di Terra Santa, intitolata alla Conversione di san Paolo, nel quartiere di Bab Touma. Nella parrocchia francescana, fortunatamente, solo danni materiali ma nessuna vittima.

Sorte diversa è toccata ad alcuni fedeli del patriarcato greco-melchita. Nella zona dove sorge cattedrale e sede patriarcale sarebbero caduti almeno 30 colpi di mortaio. Alcune fonti parlano di 5 vittime. Gli attacchi provengono dall’area di Goutha est, alla periferia della capitale, controllata dai ribelli anti-Assad.

Fra Bahjat Elia Karakach, frate minore, è responsabile della parrocchia della Conversione di San Paolo. Anche l’altroieri, ci racconta, è caduto su convento e parrocchia un colpo di mortaio. I danni alla chiesa e alle strutture parrocchiali sono significativi. Calcinacci ovunque, finestre sfondate dallo spostamento d’aria. Un colpo in particolare ha centrato un muro esterno della chiesa. «La situazione – spiega il frate – resta fortemente instabile».

I colpi di mortaio non hanno un obiettivo preciso. Lo scopo sarebbe soprattutto quello di alimentare la tensione, dopo un lungo periodo di sostanziale tranquillità, soprattutto quando si profila all’orizzonte qualche spiraglio di trattativa a livello internazionale. Qualche giorno fa, sul sito Ora Pro Siria, dava voce allo sconforto dei cristiani di Damasco Joseph Antabi. «Sono scoraggiato. Vedo un futuro nero. Siamo convinti che ci siano Paesi (Usa e Israele in primis) che non vogliono i cristiani in Medio Oriente. Se ci sono i cristiani c’è resistenza, c’è identità e coscienza; se resteranno solo i musulmani sarà più facile trovare il pretesto per prendere la terra siriana. Nel Medio Oriente è in atto questa operazione di pulizia. Dopo aver spazzato via i cristiani dall’Iraq, continueranno con la Siria…».

Il prossimo 21 gennaio è in calendario a Ginevra una nuova sessione di colloqui di pace sotto l’egida delle Nazioni Unite. A fine gennaio è invece previsto a Sochi, Russia, un round di negoziati voluto da Valdimir Putin. Ma l’incognita, a Sochi come a Ginevra, resta la partecipazione e il peso politico del fronte anti-Assad. Lo scoglio principale delle trattive resta ancora oggi il futuro del presidente siriano Bashar al-Assad e l’avvio di una fase di transizione che dovrebbe portare a una nuova costituzione e a elezioni politiche.

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