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Natale a Betlemme: «Coraggio, Chiesa di Terra Santa!»

Beatrice Guarrera
27 dicembre 2017
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Natale a Betlemme: «Coraggio, Chiesa di Terra Santa!»
Monsignor Pierbattista Pizzaballa con il Bambinello durante le celebrazioni natalizie 2017 a Betlemme. (foto Nadim Asfour/Cts)

Nel pomeriggio del 24 dicembre è cominciata con le liturgie dei cattolici di rito latino la stagione delle celebrazioni natalizie a Betlemme. La cronaca dei momenti cruciali.


Dopo gli eventi delle ultime settimane, molti si chiedevano se la piazza di Betlemme sarebbe stata la stessa o se la paura per la sicurezza avrebbe potuto impedire a tante persone di festeggiare il Natale proprio nella città dove nacque Gesù. Quest’anno il 24 dicembre in piazza della Mangiatoia, davanti alla basilica della Natività a Betlemme, si è avvertito qualcosa di diverso: «Meno pellegrini” – si è mormorato – e poi due grandi cartelloni nuovi e ben visibili campeggiavano in piazza. Recitavano frasi su «Gerusalemme capitale della Palestina», proprio a ricordare che i giorni delle tensioni e degli scontri ai check-point di Betlemme, delle manifestazioni, degli arresti in tutta la Cisgiordania e dei morti a Gaza, sono trascorsi da neppure un mese.

Eppure tanti fedeli locali e pellegrini da tutto il mondo sono venuti a celebrare l’evento della Nascita per eccellenza, la Nascita che ha cambiato la storia dell’umanità. Solo la scorsa settimana per via della crisi su Gerusalemme si temeva un effetto più drammatico sul flusso di arrivi dall’estero, tanto che la cancellazione di molti gruppi aveva indotto il Patriarcato latino di Gerusalemme e la Custodia di Terra Santa a lanciare un appello per ribadire che «il pellegrinaggio in Terra Santa è sicuro».

Per il giorno della Vigilia sembra che la partecipazione popolare sia stata comunque massiccia e, nonostante tutto, in piazza c’erano voglia di sorridere, di gioire e di lasciarsi alle spalle rabbia e recriminazioni.

«Sono venuta da Gerico per godermi questa giornata e dimenticare la tristezza», ha spiegato una donna musulmana davanti al grande albero di Natale. «Musulmani e cristiani sono fratelli, vivono nella stessa terra e lottano per gli stessi diritti – ha affermato -. Amo la gioia di questo evento, vedere le persone unite e la loro felicità, le luci, la piazza di Betlemme». Lo stesso dicono alcuni ragazzi, che sorseggiano un caffè al centro della Piazza della Mangiatoia: «Non siamo cristiani, ma veniamo da Hebron per sentire un po’ di questa atmosfera del Natale». Hannin e John, una coppia di Betlemme, sono cristiani e amano il Natale: «È un momento in cui si vede tutta la nostra cultura palestinese». «Siamo venuti a festeggiare a Betlemme da Nazaret – ha affermato un’altra coppia – Il Natale è tutto». Salomon, un cristiano etiope di Gerusalemme, era anche lui in piazza a scattare foto al presepe: «Io festeggio il Natale etiope, ma mi piace partecipare anche a quello latino. È tutto gioia».

Tra pellegrini italiani che «avevano sempre sognato di passare una Vigilia a Betlemme» e betlemmiti che «si sentono fortunati a vivere e festeggiare nella terra del Natale», c’era anche Christopher, un americano trapiantato a Betlemme per lavorare con le forze di sicurezza palestinesi. «Per i grandi eventi si mettono sempre in campo delle forze speciali, ma non ci sono problemi di sicurezza – spiega Christopher -. Quella di oggi è una grande festa e ognuno è il benvenuto qui, nello spirito del Natale che riunisce tutti insieme».

«Nonostante i problemi, siamo tutti qui riuniti e questo ci dice che abbiamo speranza: proprio questo è il Natale». Lo ha detto mons. Pierbattista Pizzaballa nella cena con le autorità civili poco prima della messa di mezzanotte di Natale, riassumendo lo spirito che si respirava. L’amministratore apostolico del Patriarcato latino di Gerusalemme ha presieduto per la seconda volta le celebrazioni, scandite da momenti e tradizioni specifiche. Dopo il corteo in auto da Gerusalemme a Betlemme (passando per il check-point vicino alla Tomba di Rachele, aperto solo tre volte all’anno), l’arcivescovo ha fatto il suo ingresso solenne in piazza della Mangiatoia a Betlemme e ha presieduto i primi vespri e la processione alla Grotta nel pomeriggio del 24.

Nella cena per la vigilia di Natale insieme ai francescani della Custodia di Terra Santa, a membri del Patriarcato latino con l’amministratore apostolico, c’erano anche il primo ministro dell’Autorità Palestinese Rami Hamdallah e la sua delegazione. Tra gli invitati speciali l’acclamato vincitore della scorsa edizione di Arab Idol, il giovane cristiano di Betlemme Yacoub Shaheen, che ha cantato una canzone al termine della cena. Il presidente dell’Autorità Palestinese, Mahmud Abbas, di ritorno da un viaggio all’estero, è arrivato in tempo solo per partecipare alla prima parte della messa di mezzanotte, che ha lasciato dopo l’omelia.

Monsignor Pizzaballa nell’omelia ha parlato di Gesù Bambino che «è Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace (Isaia 9, 5). Eppure appare piccolo e povero, nascosto e umile». E il Natale del Signore è «un inizio umile, come piccolo, umile e discreto è l’amore quando è vero», ha affermato Pizzaballa.

Con un’aggiunta a braccio rispetto al testo scritto, Pizzaballa ha detto che immaginava che molti volessero sentirgli dire parole su Gerusalemme, ma che lui ne aveva parlato già molto in precedenti occasioni. «Noi che abitiamo questa Terra Santa, terra affascinante e difficile, testimone della storia della Rivelazione, siamo chiamati non a possederla, ma a servirla – ha continuato -. Dobbiamo essere al servizio di questa terra per l’umanità». Citando poi Papa Francesco che ha definito più volte Gerusalemme come «città di pace», ha aggiunto: «Non c’è pace se qualcuno esclude. Gerusalemme deve includere, non escludere». Davanti alle centinaia di fedeli che affollavano la chiesa francescana di Santa Caterina – adiacente alla basilica della Natività – l’amministratore apostolico ha fatto nuovamente appello alla classe politica, che aveva citato anche durante il suo messaggio di Natale, per esortarla ad «avere coraggio, ad osare e rischiare. A non temere la solitudine e a non rinunciare alla propria visione».

L’arcivescovo ha voluto offrire parole di incoraggiamento: «Coraggio, Chiesa di Terra Santa! Coraggio, fratelli e sorelle! Possiamo continuare a vivere e a restare qui, nella debolezza e nella povertà, perché queste sono le vie di Dio, quando vuole venire nel mondo e benedire l’umanità».

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