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Assisi invoca pace e dialogo per Gerusalemme

Terrasanta.net
12 dicembre 2017
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Assisi invoca pace e dialogo per Gerusalemme
La basilica superiore di San Francesco ad Assisi

Continuano le manifestazioni di dissenso verso la decisione del governo statunitense di riconoscere Gerusalemme capitale di Israele. Anche da Assisi un appello al dialogo.


(g.m.) – Dopo la decisione del presidente americano Donald Trump di riconoscere Gerusalemme come capitale dello Stato di Israele e di spostarvi l’ambasciata statunitense, numerose personalità da tutto il mondo hanno espresso la loro preoccupazione riguardo agli equilibri che questa scelta avrebbe modificato. Alle dichiarazioni ufficiali hanno fatto seguito le manifestazioni e le iniziative volte a protestare o a esprimere disaccordo verso la decisione della Casa Bianca.

Anche da Assisi, città della pace per eccellenza, arriva un appello per la Città Santa. Per domenica 17 dicembre è infatti in programma una processione che partirà alle ore 15,30 dal Santuario della Spogliazione (che coincide con l’attuale episcopio, luogo in cui san Francesco, davanti a suo padre, al vescovo e a un gruppo di concittadini si spogliò degli abiti per segnare la sua rinuncia al mondo e l’inizio di una nuova fase della vita tutta consacrata a Dio). Qui sarà accesa una fiammella, segno della pace, che verrà portata in processione fino alla tomba del Santo. Sulle parole del salmo 122 «Chiedete pace per Gerusalemme» verrà chiesta l’intercessione del Poverello per Gerusalemme. L’iniziativa è promossa dall’arcivescovo della diocesi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, monsignor Domenico Sorrentino, insieme al ministro provinciale dei frati minori, padre Claudio Durighetto; al ministro provinciale dei cappuccini, padre Matteo Siro; al ministro provinciale del Terz’Ordine regolare padre Angelo Gentile e al custode del Sacro Convento di Assisi padre Mauro Gambetti. «Riteniamo che la vocazione di questa singolare Città – ha detto monsignor Sorrentino riferendosi a Gerusalemme – non possa che essere la pace, costruita nel dialogo tra le tre grandi religioni abramitiche, come laboratorio di un dialogo ancor più universale tra tutte le religioni e culture».

La Città Santa è intesa come focolare per il dialogo e la pace anche nella lettera pubblicata dal Patriarcato latino di Gerusalemme – attualmente sotto la guida di un arcivescovo proveniente dalla famiglia francescana, l’amministratore apostolico mons. Pierbattista Pizzaballa – lo scorso 8 dicembre. «Non vi è nulla che possa impedire a Gerusalemme, nella sua unicità e unità, di diventare il simbolo nazionale dei due popoli che la rivendicano come loro Capitale» si legge nel comunicato. «Decisioni unilaterali che cambino l’attuale configurazione della città non porteranno beneficio, ma solo nuove tensioni e allontaneranno possibilità di pacificazione». «Le due parti dovrebbero fare in modo di conservare l’attuale carattere universale della città e di adoperarsi perché essa resti il luogo nel quale ebrei, cristiani e musulmani continuino ad incontrarsi lungo le vie della Città Vecchia, ciascuno con la propria mentalità e tradizioni, legate in modo così unico le une alle altre» prosegue la dichiarazione del Patriarcato.

Ad esso hanno fatto eco in questi giorni le dichiarazioni di tutti i vescovi delle comunità cristiane in Giordania, che hanno firmato una lettera per esprimere il loro rifiuto della decisione di Trump. Decisione che, si legge, «rivela la faziosità degli Usa, e la loro inadeguatezza ad essere onesti sponsor del processo di pace».

Al Cairo il patriarca copto ortodosso Tawardos II ha fatto una scelta ancor più plateale annunciando, il 9 dicembre scorso, di aver cancellato l’incontro con il vicepresidente statunitense Michael Pence, che si recherà in Egitto e in Israele nei prossimi giorni.

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