Ancora oggi, a Gerusalemme, è viva l’usanza da parte dei cristiani orientali di farsi tatuare un simbolo religioso come «segno» dell’avvenuto pellegrinaggio ai Luoghi Santi. A dire il vero, anticamente, il tatuaggio era un simbolo di oppressione. Nei primi secoli cristiani, durante la dominazione romana, i cristiani venivano talvolta arrestati, marchiati e costretti ai lavori forzati. Con la conquista islamica della regione, nel 640 d.C., venne imposta una piccola croce tatuata nel lato interno del polso destro.
Una sorta di «carta d’identità» che facilitava la riscossione delle tasse dovute all’autorità musulmana da parte dei non musulmani. In seguito, il tatuaggio è diventato un segno distintivo. Oggi, in Siria come in Iraq, per i cristiani il tatuaggio testimonia la vicinanza alle sofferenze di Cristo.