L’hanno sottoscritta oltre centoventi organizzazioni per i diritti umani, sindacati, associazioni per il turismo etico, gruppi sportivi e religiosi da venti Paesi: è la petizione resa nota il 22 novembre, in vista della presentazione ufficiale del Giro d’Italia che avverrà il 29 novembre a Milano, data che coincide con la Giornata internazionale indetta dalle Nazioni Unite di solidarietà con il popolo palestinese. Tra i firmatari, il linguista Noam Chomsky, i giuristi John Dugard e Richard Falk, già Relatori speciali dell’Onu per la Palestina, l’attore e drammaturgo Moni Ovadia, gli europarlamentari Eleonora Forenza e Sergio Cofferati e l’ex vicepresidente del Parlamento europeo Luisa Morgantini.
Tra le organizzazioni che si sono unite all’appello ci sono sindacati Fiom-Cgil e Usb in Italia, gruppi religiosi cristiani, come Pax Christi e la Comunità cristiana di base di San Paolo in Italia, e gruppi ebraici come Jewish Voice for Peace (Usa), la rete italiana Eco (Ebrei contro l’occupazione), l’Union des progressistes juifs (Belgio), Jews for Justice for Palestinians (Gran Bretagna).
Secondo i firmatari, il Giro d’Italia in Israele «occulterebbe l’occupazione militare e la discriminazione contro i palestinesi da parte di Israele e al contempo ne incentiverebbe la sensazione di impunità, alimentando la continua negazione dei diritti dei palestinesi sanciti dall’Onu». Per queste ragioni, le organizzazioni coinvolte hanno chiesto a Rcs Media Group, organizzatore dell’evento, di spostare la partenza della gara in un altro Paese.
A essere contestata non è solo la scelta di Israele, ma anche il percorso del Giro che è stato reso noto dalle mappe e dai video ufficiali. Gerusalemme Est – secondo le organizzazioni firmatarie dell’appello – sarebbe stata presentata «come se facesse parte dello Stato d’Israele e fosse la sua capitale unificata». È ad oggi, infatti, un territorio ancora controverso, in quanto dal 1967 è sotto il controllo di Israele, senza però che abbia mai ottenuto l’assenso dell’Onu e il riconoscimento della comunità internazionale. Un altro aspetto critico della corsa è l’ultima delle tappe israeliane, prevista nel sud del Paese, che passerà vicino a villaggi di beduini palestinesi non riconosciuti da Israele, sprovvisti di energia elettrica, acqua, strade, strutture sanitarie e scolastiche. I firmatari della dichiarazione hanno condannato anche l’intenzione del Giro d’Italia di «celebrare» i 70 anni dalla fondazione dello Stato d’Israele.
Per la campagna di protesta #CambiaGiro, sono state lanciate una serie di iniziative: messaggi a Papa Francesco, per chiedergli di rifiutare l’invito di Netanyahu a dare il via alla corsa; lettere a Rcs per trasferire il luogo di partenza del Giro; manifestazioni sportive e un ciclo raduni in tutta Italia per il 25 e il 26 novembre. A una settimana dalla presentazione ufficiale del Giro d’Italia 2018, le polemiche sulla partenza da Israele sono più accese che mai.