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A Rawabi cresce il sogno di una Palestina prospera

Federica Sasso
31 agosto 2017
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Il progetto dell'imprenditore Bashar Al Masri è creare una nuova città, di stampo occidentale, in Palestina. Uno spazio laico, per la classe media, che guarda al futuro senza escludere la religione.


Quando Bashar Al Masri ha scelto la collina su cui costruire Rawabi, uno dei suoi criteri era che «in passato nessun profeta si fosse fermato da queste parti». «Non volevo il rischio che venissero eretti santuari o avere problemi con le guide spirituali di nessun credo», spiega il costruttore miliardario che ha sognato la prima città moderna della Palestina.

Dal 2010 è impegnato a edificarla: palazzi alti e bianchi costruiti in pietra locale forniti di pannelli solari e fibra ottica, strade sinuose costeggiate da aiuole fiorite e parchi giochi. Un panorama irreale se comparato alle tipiche città palestinesi. Al Masri vuole che Rawabi (pubblicizzata anche con un sito Internet dedicato – ndr) offra servizi e bellezza, un luogo in cui i cittadini sono organizzati nel primo comitato di residenti mai visto in Palestina, e che abbia la potenzialità di diventare uno dei centri più avanzati della regione.

Bashar Al Masri è nato a Nablus, ma ha studiato in America, ottenuto un passaporto a stelle e striscie e fatto moltissimi soldi con progetti immobiliari all’estero. La “sua città” rispecchia questa sintesi di Occidente e Medio Oriente ed è pensata per la classe media palestinese, quella che non fa notizia, ma può permettersi gli appartamenti da 125 mila dollari, vuole iscrivere i figli in una scuola dove si insegna in inglese, andare ai concerti o all’acqua-park.

L’occupazione israeliana ha creato problemi (accesso all’acqua, controllo dell’unica strada che porta a Rawabi), e Al Masri è stato accusato dall’interno della società palestinese per aver utilizzato materiali o subappaltatori israeliani («Sfido a trovare un solo palestinese che non compri qualcosa da Israele», risponde lui).

Gli ostacoli sono tantissimi, e la realizzazione di tutti i 23 quartieri residenziali del progetto è una scommessa aperta. Per ora solo tre quartieri sono finiti, ma Rawabi sta prendendo vita. L’anno scorso i primi 250 “pionieri” si sono trasferiti negli appartamenti appena terminati e Al Masri afferma che in città oggi abitano tremila persone. Passeggiando per le strade si sente molto silenzio, ogni tanto si intravvedono tapparelle alzate e da qualche balcone spuntano dei fiori. È tutto tranquillo, forse ancora troppo. Ma i ragazzi che giocano a pallone in un campetto sono felici di esser venuti qui da Gerusalemme Est o altri centri della Cisgiordania. La scuola in inglese sta per iniziare il secondo anno scolastico e a maggio ha inaugurato il Q Center, il più grande centro commerciale della Palestina, così battezzato in onore dei finanziatori qatarioti. Lacoste, Ferrari, Timberland, Nautica, e molto, molto altro. Per la prima volta i palestinesi potranno acquistare i più importanti marchi occidentali senza dover andare all’estero o aspettare i permessi per raggiungere Tel Aviv. E le boutique sono progettate esattamente come quelle europee o americane. In una mattinata d’agosto i negozi sono praticamente vuoti, ma i saldi sono al 50 per cento.

Sopra il centro commerciale è nato il tech-hub, un fiore all’occhiello che aspira a diventare il centro nevralgico dell’high-tech palestinese, e il progetto prevede che accanto all’area residenziale nasca anche una zona industriale. Al Masri ha pensato a tutto perché il suo progetto abbia un impatto positivo sull’economia nazionale. «Io credo fermamente che lo Stato di Palestina sia in via di realizzazione, e uno dei pilastri fondamentali di uno Stato è un’economia forte», spiega. «Sono sempre stato alla ricerca di un modo per dare un impulso all’economia palestinese, e questo progetto ha consentito di creare posti di lavoro subito oltre al fatto di migliorare gli standard abitativi dei palestinesi». La costruzione della città per ora ha portato tremila nuovi posti di lavoro, ma il dato forse più importante è che moltissimi dipendenti della Massar International di Al Masri sono giovani, tra cui tante laureate in ingegneria e architettura che ricoprono ruoli di responsabilità.

Parità di genere, servizi all’avanguardia. Bashar Al Masri crede che Rawabi debba rispecchiare la Palestina che verrà, e questo vale anche dal punto di vista della tolleranza verso tutti. A Rawabi si sta costruendo la moschea più grande della Palestina – seconda solo a quella di Al Aqsa. Ma l’imprenditore desidera che il 10 per cento degli abitanti siano cristiani ed è in cantiere anche la chiesa ortodossa di cui il patriarca greco-ortodosso di Gerusalemme, Teofilo III, ha benedetto la prima pietra. A metà agosto, la comunità Samaritana di Nablus ha voluto onorare Al Masri per il suo lavoro, che, creando opportunità per i giovani, aiuta la stabilità e la pace. Dopo la benedizione da parte di un sacerdote nell’antico ebraico samaritano, l’imprenditore palestinese-americano ha ribadito che Rawabi non appartiene ad alcun gruppo religioso in particolare, ma dev’essere casa per tutti, e si è impegnato a costruire una sinagoga per i samaritani se vorranno stabilirsi qui. «Questa – dice – è una città secolare, come lo Stato palestinese, che dovrà essere indipendente, laico e democratico».

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