Quella che vedete non è una festa di compleanno. Scene simili si ripetono più volte a settimana, se non ogni giorno, nella Striscia di Gaza. Un angolo di Terra Santa dove abitualmente l’energia elettrica giunge nelle case per otto ore al giorno. Da giugno di quest’anno va anche peggio: i perenni dissidi tra Hamas e Fatah, i due principali movimenti politici palestinesi, hanno indotto il presidente dell’Autorità Palestinese (e leader di Fatah) a non pagare la bolletta per l’energia fornita dagli elettrodotti israeliani, i quali hanno sospeso il servizio. L’unica centrale elettrica della Striscia fino alla scorsa settimana è stata alimentata con carburante fornito eccezionalmente con autobotti inviate dall’Egitto. Un paio di giorni fa, però, anche l’ultima turbina della centrale si è spenta. Così nei centri urbani l’elettricità viene ora distribuita solo per quattro ore al giorno.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu dice che questa emergenza è una «questione interna palestinese», ma è vero fino a un certo punto: a inizio luglio, ad esempio, gli impianti di trattamento dei reflui di Gaza City hanno versato direttamente in mare scarichi fognari non trattati per mancanza di energia. L’inquinamento ha costretto le autorità israeliane a interdire la balneazione nelle spiagge immediatamente a nord della Striscia.