Le autorità palestinesi hanno presentato all’Unesco – l’agenzia delle Nazioni Unite per la cultura – una proposta di risoluzione su Hebron. Il centro storico della città cisgiordana e il santuario che racchiude le tombe dei patriarchi potrebbero diventare il terzo sito dello Stato di Palestina considerato Patrimonio dell’umanità in pericolo. Va ricordato che l’Unesco riconosce la Palestina Stato, membro a pieno titolo dell’organizzazione dal 23 novembre 2011 La richiesta palestinese di proteggere il patrimonio minacciato di Hebron è stata inoltrata nell’aprile scorso e ha fatto inserire il sito nella lista dei 35 sui quali il Comitato del patrimonio mondiale dell’Unesco deve pronunciarsi nei prossimi giorni, nel corso della 41.ma sessione convocata a Cracovia (Polonia) dal 2 al 12 luglio. La votazione su Hebron è prevista venerdì 7 luglio.
Già altri due siti palestinesi sono entrati nella lista del Patrimonio culturale a rischio. Parliamo dei luoghi di pellegrinaggio legati alla natività di Gesù a Betlemme (dal 2012) e del «paesaggio culturale a sud di Gerusalemme», intorno a Battir. I suoi terrazzamenti agricoli e la rete di irrigazione sono tutelati dal 2014.
Ovviamente anche quest’ultima iniziativa palestinese ha innescato polemiche. Hebron – ove lo stato di tensione è permanente – è una città simbolo del conflitto israelo-palestinese. Situata in Cisgiordania, una trentina di chilometri a sud di Gerusalemme, è formalmente sottoposta alla sovranità dell’Autorità Nazionale Palestinese (Anp), ma una zona del centro, insieme al santuario delle tombe dei patriarchi, è sotto il controllo dei militari israeliani (a protezione di un nutrito insediamento ebraico – ndr). Considerata il centro della vita religiosa di Hebron, la Grotta dei patriarchi è sacra sia per i musulmani sia per gli ebrei. Al suo interno conserva i cenotafi costruiti sopra quelle che sono considerate le sepolture dei patriarchi bibilici Abramo, Isacco e Giacobbe e delle loro spose Sara, Rebecca e Lea. Adiacente al muro sud-occidentale del complesso c’è un edificio che racchiude il cenotafio attribuito al patriarca Giuseppe. L’insieme è suddiviso in due aree: una moschea, l’altra sinagoga.
Considerato che gli Stati arabi in seno all’Unesco si esprimeranno, verosimilmente, a favore della proposta palestinese è probabile che l’Unesco la accolga, annota il quotidiano Times of Israel. Il Jerusalem Post osserva che l’Anp reclama l’inserimento di Hebron tra i siti in pericolo dello Stato di Palestina a causa dei «dettagli allarmanti riguardo alle violazioni israeliane ad Al-Khalil (Hebron), tra cui atti vandalici, danneggiamenti e altro genere di attacchi». Da parte loro gli israeliani smentiscono ogni sorta di danneggiamenti e vedono nella mozione palestinese un gesto politico ammantato di motivazioni culturali.
Lo Stato ebraico ha d’altronde assunto una decisione «strategica e di principio», come spiega il suo ambasciatore presso l’Unesco Carmel Sharma HaCohen: «Israele non prenderà parte e non legittimerà alcun gesto politico palestinese sotto il pretesto della cultura e della tutela del patrimonio». Molte organizzazioni ebraiche hanno elevato proteste contro la votazione in agenda. «Non è che l’ultima cinica azione dei palestinesi per cancellare la storia ebraica trasformando i luoghi più santi del giudaismo, come il Muro occidentale, la tomba di Rachele e le Tombe dei patriarchi in luoghi musulmani», ha dichiarato con un comunicato il Centro Simon Wiesenthal. In una lettera al direttore generale dell’Unesco Irina Bokova, la Conferenza dei presidenti delle organizzazioni ebraiche americane ha dichiarato che le rivendicazioni palestinesi su Hebron «traboccano di false informazioni e di accuse infondate» e le ha chiesto di impedire che la questione venga messa ai voti.
In vista dell’imminente voto dell’Unesco su Hebron Israele ha impedito nei giorni scorsi l’accesso alla città a una commissione d’indagine del Consiglio internazionale dei monumenti e dei siti che voleva accedere al luogo santo cittadino. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha di fatto rifiutato le autorizzazioni richieste. Secondo le autorità dello Stato ebraico la commissione d’esperti è una perdita di tempo, perché i giochi sono ormai fatti.
Il voto dell’Unesco su Hebron giunge in un momento in cui le relazioni tra Israele e l’agenzia Onu per la cultura è alquanto freddo, a dir poco. Il 2 maggio scorso l’Unesco ha adottato una risoluzione riguardante lo statuto di Gerusalemme. Il testo statuisce che «tutte le misure (…) adottate da Israele, potenza occupante, che hanno alterato o mirano ad alterare lo statuto della città santa di Gerusalemme» saranno «nulle e come se non avvenuto e devono essere annullate». La risoluzione denuncia la legge di annessione di Gerusalemme est, di cui Israele ha assunto il controllo nel 1967.
Sono 14 i siti considerati a rischio dai palestinesi
(g.s.) – L’iniziativa del governo palestinese su Hebron in seno all’Unesco non è affatto un fulmine a ciel sereno. I regolamenti dell’agenzia Onu per la cultura stabiliscono che per essere preso in considerazione un sito, deve prima essere inserito dallo Stato proponente in una lista provvisoria di siti da vagliare come patrimonio dell’umanità considerato in pericolo.
Benché lo Stato di Palestina sia riconosciuto come tale da gran parte dei governi del Pianeta, l’esercizio della sovranità sul suo territorio resta problematico, in assenza di un accordo di pace con Israele, accettato dalla comunità internazionale. Soprattutto rimangono indefiniti i confini.
Resta il fatto che dal 2012 ad oggi il governo palestinese ha già formato presso l’Unesco una lista provvisoria di 14 siti che considera in pericolo all’interno dei Territori palestinesi occupati (o “contesi” come preferisce dire qualcuno in Israele).
Hebron fu tra i primi nomi inseriti (proprio nel 2012). Tra gli altri 13 vi sono: le grotte di Qumran; la sponda occidentale del sito del battesimo di Gesù lungo il fiume Giordano (ove i pellegrini sono abituati a veder sventolare la bandiera israeliana); Sebastiya; Gerico, il Monte Garizim caro ai samaritani, il centro storico di Nablus, alcuni tratti della costa di Gaza…
C’è da scommettere che altre controversie politico-culturali si profilano all’orizzonte.
Ultimo aggiornamento: 05/07/2017 11:36