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Boicottaggio musulmano della Spianata delle Moschee

Cristophe Lafontaine
20 luglio 2017
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Boicottaggio musulmano della Spianata delle Moschee
Una veduta aerea della Spianata delle Moschee. (foto Andrew Shiva/Wikipedia)

L’attentato omicida del 14 luglio scorso nella città vecchia di Gerusalemme, ha prodotto giorni di alta tensione intorno alla Spianata delle Moschee. Scontri tra polizia israeliana e manifestanti palestinesi.


Dopo l’attacco omicida del 14 luglio scorso nella città vecchia di Gerusalemme, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha disposto, in via eccezionale, la chiusura degli accessi alla Spianata delle Moschee nelle giornate di venerdì e sabato scorsi per ragioni di sicurezza. Così migliaia di musulmani non hanno potuto recarvisi per la preghiera settimanale del venerdì. L’attentato con armi da fuoco di una settimana fa è stato uno dei più gravi degli ultimi anni nel centro storico della Città Santa. Ha causato la morte di due poliziotti israeliani (drusi) e dei tre assalitori palestinesi – anch’essi con cittadinanza israeliana – che erano fuggiti verso la Spianata, dove poi sono stati raggiunti e uccisi dalle forze dell’ordine dello Stato ebraico.

Netanyahu ha deciso di riaprire il luogo di culto domenica 16, dopo aver ordinato un rafforzamento delle misure di sicurezza con l’installazione di nuove telecamere e rilevatori di metalli, senza consultare il Waqf, l’organismo responsabile dei beni religiosi musulmani che risponde al governo della Giordania in coordinamento con le autorità palestinesi. Israele aveva già dispiegato dei metal detector in passato, ma li aveva poi rimossi cedendo alle proteste della Giordania che denunciava un’alterazione dei delicati equilibri dello status quo che consente ai musulmani di accedere alla Spianata a qualunque ora del giorno e della notte, e agli ebrei di entrarvi solo in alcune ore del giorno (e da un unico varco) ma senza potersi raccogliere in preghiera.

Il primo ministro israeliano ha assicurato che non ha intenzione di rimettere in discussione lo status quo. Lo ha ribadito anche a Parigi, domenica scorsa, ai giornalisti israeliani, a margine della visita ufficiale in Francia. Un’alterazione dello status quo «avrebbe conseguenze imprevedibili nel mondo e a livello regionale», secondo dichiarazioni riferite dal quotidiano Le Monde. Dal canto suo il Waqf, che si è sentito spogliato dalle sue attribuzioni, denuncia le iniziative unilaterali di Israele. Riferendosi all’installazione dei varchi elettronici installati dalle autorità israeliane Nasser Najib, uno dei custodi della Spianata, da 31 anni alle dipendenze del Waqf, dice chiaramente: «Non accetteremo che Israele possa creare un precedente».

Per il direttore del consiglio del Waqf, Abdel Azim Salhab, la chiusura della Spianata delle Moschee rappresenta «la peggiore aggressione dal 1967» contro questo luogo. Il riferimento chiaro è all’inizio dell’occupazione israeliana dei Territori con la Guerra dei sei giorni di cinquant’anni fa. «Noi rifiutiamo i cambiamenti imposti dal governo israeliano», ha dichiarato lo sceicco Omar Kiswani, responsabile della moschea di Al-Aqsa che sorge proprio sulla Spianata. «Ci rifiutiamo passare dai metal detector per arrivare qui», ha detto alla stampa all’esterno del sito.

Dopo la riapertura al culto della Spianata su cui sorgono Al-Aqsa e la Cupola della roccia, per protesta i musulmani hanno organizzato le loro preghiere comunitarie all’esterno del recinto sacro. Secondo i media israeliani, taluni hanno cercato di impedire l’accesso anche ad altri pellegrini e ne sono nati degli alterchi. Numerosi credenti musulmani hanno urlato «Per te, moschea di al-Aqsa, noi sacrifichiamo le nostre anime e il nostro sangue». Nei giorni scorsi (soprattutto lunedì e domenica) la Spianata è rimasta praticamente vuota. Solo qualche turista e visitatore ebreo ci è salito, stando a quanto testimonia una giornalista dell’Agenzia France Presse che si trovava sul posto.

Il delicato statuto della Spianata delle Moschee (che per gli ebrei è il Monte del Tempio) è una posta cruciale nel conflitto arabo-israeliano. Ogni modifica agli accordi che la riguardano può riaccendere le tensioni nella regione tra palestinesi e israeliani, laddove i primi temono che i secondi vogliano assicurarsi il controllo esclusivo del sito. Quello che i musulmani considerano il terzo luogo più sacro del pianeta (dopo la Mecca e Medina – ndr) è anche venerato come il luogo più santo del giudaismo. Lì infatti sorgeva il Tempio giudaico che fu distrutto dai romani nell’anno 70 d.C. e del quale non restano che le vestigia del muro occidentale del recinto (Muro del pianto).

Da giorni in città vecchia si succedono gli scontri tra poliziotti israeliani e cittadini palestinesi che si concentrano all’esterno della Spianata. Secondo la Mezzaluna rossa palestinese, 17 persone sono rimaste ferite solo domenica sera. Lunedì in 11 si sono fatte medicare ferite causate da proiettili di gomma. A decine, secondo fonti palestinesi, hanno inalato gas lacrimogeni.

In una situazione che permane tesa il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha messo in guardia le parti su una possibile fiammata di nuove violenze tra palestinesi e israeliani. Dopo la «giornata della collera» proclamata ieri, 19 luglio, da Fatah si guarda con particolare apprensione a domani, venerdì. L’emittente televisiva israeliana i24news riferisce che il movimento politico di Mahmoud Abbas, il presidente palestinese, in coordinamento con il Waqf, ha indetto per venerdì manifestazioni pubbliche di preghiera in tutte le città e villaggi palestinesi, lasciando alle organizzazioni locali la libertà di determinare «azioni supplementari» per ottenere la vittoria di Al-Aqsa.

Le forti tensioni in atto potrebbero indurre Benjamin Netanyahu a rinunciare alla sua decisione di revocare in via sperimentale e per cinque giorni, a partire dal 23 luglio, il divieto ai parlamentari israeliani di recarsi sulla Spianata. Un divieto che vige da due anni e che fece seguito a una precedente ondata di violenze.

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