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Tutelare i Luoghi Santi di Gerusalemme, priorità per Amman

Christophe Lafontaine
20 giugno 2017
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Tutelare i Luoghi Santi di Gerusalemme, priorità per Amman
Re Abdallah di Giordania ricevuto dal presidente francese Emmanuel Macron il 19 giugno 2017 all'Eliseo. (foto Casa Reale di Giordania)

Nei giorni scorsi, durante due incontri pubblici ad Amman e a Parigi, re Abdallah di Giordania ha ribadito il suo impegno nel difendere i luoghi santi cristiani e musulmani di Gerusalemme.


Il re di Giordania, Abdallah II, continuerà a proteggere i santuari della Città Santa di Gerusalemme, musulmani e cristiani. Il sovrano ashemita ha ribadito che per lui si tratta di una priorità, che intende perseguire «lavorando in collaborazione con la comunità internazionale», come riferiscono i media giordani a margine di un incontro svoltosi domenica 18 giugno al palazzo reale di Amman, dove il monarca ha ricevuto una delegazione di dignitari religiosi – cristiani e musulmani – giunti da Gerusalemme.

Secondo i resoconti dei media, il re ha sottolineato la necessità di mantenere lo statuto giuridico e storico di Gerusalemme, rimarcando il rifiuto giordano verso ogni misura unilaterale che intenda modificare l’identità della città e dei suoi Luoghi Santi. Primo capo di Stato arabo ad essere ricevuto dal nuovo presidente francese Emmanuel Macron, re Abdallah era a Parigi ieri sera per una cena di lavoro con l’inquilino dell’Eliseo con il quale ha parlato della guerra in Siria e in Iraq, Paesi con i quali la Giordania confina. Macron ha colto l’occasione per dichiarare che Parigi e Amman condividono «un medesimo attaccamento al mantenimento dello status quo sui luoghi santi di

Va sottolineato che dal momento dell’annessione di Gerusalemme Est da parte di Israele, nella Guerra dei sei giorni del 1967, un accordo prevede che i visitatori non musulmani – ebrei o cristiani – abbiano il diritto di recarsi sulla Spianata delle Moschee, ma non di pregarvi. All’atto della firma del trattato di pace con re Hussein nel 1994 (gli Accordi Wadi Araba), lo Stato ebraico confermò le funzioni della fondazione che amministra i luoghi santi musulmani di Gerusalemme (Waqf) e riconobbe al Regno di Giordania il ruolo di garante dei luoghi santi musulmani nei futuri negoziati di pace israelo-palestinesi. Da parte sua, l’Autorità Nazionale Palestinese ha riconosciuto ufficialmente a re Abdallah il ruolo di protettore dei luoghi santi musulmani e cristiani di Gerusalemme con un accordo del 31 marzo 2013.

Della delegazione ricevuta domenica scorsa dal monarca ashemita – presente il principe Ghazi bin Muhammad, cugino del re e suo consigliere per gli affari religiosi – facevano parte anche mons. William Shomali, vicario per la Giordania del patriarcato latino di Gerusalemme e lo sceicco Abdul Azim Salhab, capo della fondazione dei beni religiosi (musulmani) di Gerusalemme. L’udienza ha anche permesso di ringraziare re Abdallah per il contributo personale che ha inviato per i restauri dell’edicola del Santo Sepolcro, terminati nel marzo scorso.

Durante l’incontro il sovrano ha ribadito che solo la nascita di uno Stato palestinese indipendente – e con capitale Gerusalemme Est – rispettando le “frontiere” del 1967 potrà veramente «garantire il superamento dei conflitti che tormentano l’area». Prima di concludere la riunione con l’iftar, la cena in comune con cui i musulmani rompono il digiuno diurno obbligatorio durante il mese di Ramadan, re Abdallah ha ricordato la necessità di lanciare dei negoziati di pace seri ed efficaci per conseguire l’obiettivo dei due Stati, fianco a fianco.

La stampa ha riportato che il monarca si è mostrato fiducioso rispetto all’impegno preso dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump di lavorare per la pace tra palestinesi e israeliani. In questo contesto «la Giordania farà quanto possibile per sostenere gli sforzi del presidente Trump per il raggiungimento di una pace duratura». Abdallah II ha salutato con soddisfazione la decisione di Trump di non trasferire l’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme. Cosa che, secondo il re, dimostra la sua serietà e il suo impegno per il raggiungimento di un accordo che metta fine al conflitto tra israeliani e palestinesi.

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