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Quanti migranti per un marine?

Fulvio Scaglione
30 giugno 2017
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I richiedenti asilo che bussano alle porte dell'Occidente sono soprattutto afghani, iracheni e siriani. Nazioni nelle quali i nostri governi hanno portato, o tollerato, guerre nefaste e costose.


L’attuale ondata di sbarchi ha fatto riesplodere le polemiche sui migranti e sulle possibilità dell’accoglienza. Mi stupisce un po’ che nessuno provi a riflettere su un dato per me clamoroso. Il 2016 è stato l’anno record per le richieste d’asilo, che nei Paesi dell’Ocse sono state oltre 1,6 milioni. Ora, pare una gran forzatura ritenere che quelle richieste, come molti sostengono, siano un peso insopportabile per un insieme di 35 Paesi (quelli appunto dell’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) che radunano il 18 per cento della popolazione mondiale e il 61 per cento del commercio mondiale. Ma passi.

Quello che non si riesce a capire è questo. Come si possa non notare che oltre metà delle richieste d’asilo sono avanzate da cittadini di tre soli Paesi: Iraq, Siria e Afghanistan.

Sentire menzionare questi Paesi dovrebbe far suonare tutta una serie di campanelli. Non sono quelli dove (Afghanistan 2001, Iraq 2003) ci siamo lanciati in campagne militari dirette e (Siria 2011) indirette? Non ci sarà un nesso tra quegli interventi e l’attuale situazione dei migranti? Dopo tutto, quanti afghani avevamo visto sbarcare in Europa a chiedere aiuto prima del 2001, quanti iracheni prima del 2003, quanti siriani prima del 2011? Oltre che preoccupati per l’arrivo di così tanti migranti, non dovremmo sentirci anche un po’ in colpa?

Il Centro studi del Congresso Usa ha calcolato quanto sarebbero alla fine costate ai contribuenti americani le guerre in Afghanistan e in Iraq: 1.600 miliardi di dollari. Poi un’economista dell’Università di Harvard, la professoressa Linda Blaimes, ha rifatto i conti mettendoci dentro un po’ di voci prima trascurate (per esempio, le pensioni alle vedove, le cure ai veterani ecc.) ed è arrivata a una cifra tra i 4 mila e i 6 mila miliardi di dollari. Quante cose si sarebbero potute fare per il Medio Oriente con tutti quei soldi! Infine: tenere un marine in Afghanistan per un anno, anche se questo soldato sta nella base e non spara un colpo, costa allo Stato americano 4 milioni di dollari. Quanti richiedenti asilo si possono accogliere e integrare con questa cifra?

 


 

Perché Babylon

Babilonia è stata allo stesso tempo una delle più grandi capitali dell’antichità e, con le mura che ispirarono il racconto biblico della Torre di Babele, anche il simbolo del caos e del declino. Una straordinaria metafora del Medio Oriente di ieri e di oggi, in perenne oscillazione tra grandezza e caos, tra civiltà e barbarie, tra sviluppo e declino. Proveremo, qui, a raccontare questa complessità e a trovare, nel mare degli eventi, qualche traccia di ordine e continuità.

Fulvio Scaglione, nato nel 1957, giornalista professionista dal 1981, è stato dal 2000 al 2016 vice direttore di Famiglia Cristiana. Già corrispondente da Mosca, si è occupato in particolare della Russia post-sovietica e del Medio Oriente. Ha scritto i seguenti libri: Bye Bye Baghdad (Fratelli Frilli Editori, 2003), La Russia è tornata (Boroli Editore, 2005), I cristiani e il Medio Oriente (Edizioni San Paolo, 2008), Il patto con il diavolo (Rizzoli, 2016). Prova a raccontare la politica estera anche in un blog personale: www.fulvioscaglione.com

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