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Il tesoro dei Khalidi

Federica Sasso
9 giugno 2017
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Il tesoro dei Khalidi
Sovrastato dall'insegna, l'ingresso della Biblioteca Khalidi nel cuore della città vecchia di Gerusalemme.

Alla scoperta di una delle perle di Gerusalemme vecchia: la biblioteca della famiglia Khalidi, con il suo patrimonio di volumi preziosi. Chiusa dal 1967, ha recentemente riaperto le porte agli studiosi.


Nel quartiere arabo della città vecchia di Gerusalemme, a pochi passi dal Muro del Pianto e dalla Spianata delle Moschee, c’è un edificio di due piani che passa inosservato. Se non fosse per una targa verde in arabo e inglese la Khalidi Library sarebbe quasi introvabile fra i vicoli e le scale di pietra.

Ma dietro il portale di ferro battuto c’è la più importante collezione privata di manoscritti della Palestina, una delle raccolte più grandi del mondo arabo. La biblioteca fondata dalla famiglia Khalidi nel 1900 conta oltre 2.000 testi redatti a mano: commenti coranici o manuali di diritto islamico, ma anche trattati di filosofia e teologia.

«Alcuni manoscritti risalgono al decimo secolo, altri invece sono stati compilati alla fine del periodo ottomano, ma abbiamo anche testi redatti in altre lingue, come i 25 volumi in Persiano». Khader Salameh è il bibliotecario responsabile della collezione e sottolinea che tra i record di questa biblioteca c’è anche quello di esser la prima aperta al pubblico di Gerusalemme. «Ed è stata una donna, Khadija al-Khalidi, a donare la somma necessaria per raccogliere in un unico luogo i testi raccolti dai membri della famiglia durante i secoli». Grazie a lei, nel 1899 il nipote Hajj Raghib al-Khalidi ha stabilito il waqf, la Fondazione che ha vincolato per sempre i materiali che compongono la biblioteca. In questo modo non potranno mai essere venduti e resteranno a disposizione della comunità.

Hasem Khalidi è uno dei tre custodi waqf che si occupano dei beni di famiglia, tra cui il palazzo che ospita la biblioteca e gli edifici che si affacciano sulla via. Mentre sgrana un rosario bianco, ripercorre la storia dei suoi antenati. «La nostra famiglia ha sempre abitato in questa zona. Secondo le fonti che abbiamo potuto reperire sembra che i Khalidi siano presenti a Gerusalemme fin dal settimo secolo, tranne un periodo successivo alle invasioni dei crociati in cui furono costretti a lasciare la città».

Per generazioni gli uomini di famiglia sono stati insegnanti o giudici legati alle madrasse di Gerusalemme, e nei secoli più recenti anche funzionari dell’Impero ottomano. Circa trecento anni fa hanno iniziato ad acquistare manoscritti di valore, ma tra i testi inclusi nella collezione ci sono anche lettere personali, scritte in arabo, inglese e francese. Il dottor Salameh spiega che grazie a questa corrispondenza «possiamo sapere qualcosa di più delle dinamiche sociali durante l’Impero ottomano e quello britannico».

I manoscritti più antichi invece sono una fonte preziosa per avere un’idea del tessuto socio-culturale di Gerusalemme durante i secoli. «La biblioteca custodisce manoscritti antichi mille anni, come la versione originale di un poema scritto in onore del Saladino. Questi testi ci consentono di intuire in che modo le culture entravano in contatto grazie ai libri: per esempio con un testo redatto in India e poi tradotto in Iraq».

Secondo Khader Shihabi, un archivista di Gerusalemme che ha studiato conservazione all’Istituto per l’Arte e il Restauro di Firenze, una delle cose più preziose della biblioteca è la diversità delle materie trattate nei saggi. «Molte collezioni palestinesi includono interpretazioni coraniche o testi di teologia. Qui noi abbiamo anche bellisimi volumi dedicati alla natura, alla musica o alla medicina, libri illustrati che descrivono le diverse specie animali. La religione non è tutto!»

Nel patrimonio vi sono magari libri laminati in oro, scritti con una calligrafia elaborata e adornati da geometrie colorate. La famiglia Khalidi non ha i fondi per una vera operazione di restauro, ma si occupa di preservarli ed evitarne il deterioramento.

«Siamo fortunati ad essere ancora in possesso dei nostri volumi» spiega Hasem Khalidi. «Durante i combattimenti del 1948 (che seguirono la fondazione di Israele, ndr) molte biblioteche palestinesi andarono perse o distrutte». A partire dal 1967, dopo la Guerra dei sei giorni, la biblioteca è rimasta chiusa. Nel 2015 ha riaperto al pubblico e ora la famiglia ha deciso di restaurare gli spazi per offrire un servizio non solo alla comunità di studiosi e ricercatori, ma a chiunque passi per la città vecchia e voglia varcare la soglia. «Abbiamo digitalizzato il catalogo e per ora siamo aperti per chi chiede di consultare un testo» spiega Khader Salameh. L’obiettivo è quello di ritornare a funzionare a pieno ritmo al più presto. Khader Shihabi pensa soprattutto ai giovani palestinesi, che qui potranno «assaggiare un po’ della storia di Gerusalemme».

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