(g.s.) – L’arcivescovo di Canterbury Justin Welby, primate della Chiesa anglicana, ha trascorso la prima decade di maggio in Terra Santa, dove ha visitato molti luoghi e incontrato numerose persone.
All’inizio del viaggio, il 2 maggio, Welby ha fatto tappa alla parrocchia anglicana di Amman, in Giordania, dove ha incontrato un gruppo di profughi iracheni. «Le storie che mi hanno raccontato mi hanno commosso profondamente. L’intensa sofferenza dei cristiani iracheni non finisce quando lasciano l’Iraq. Mentre li ascoltavo, percepivo un senso di vite devastate. Ci sono genitori separati dai figli e dagli altri famigliari. Una donna ha figli in Germania e in Olanda, ma il visto di ingresso le è stato rifiutato da entrambi i Paesi e così non sa se potrà mai riunirsi a loro».
«I cristiani iracheni che ho incontrato – prosegue il primate anglicano – dicono che si sentono dimenticati dal resto del mondo, perché ora l’attenzione della comunità internazionale si concentra sulla Siria. Gli iracheni, dicono, sono in fondo alla lista di coloro che meritano aiuto e reinsediamento. Una signora mi ha detto che lei può sopportare la persecuzione in quanto cristiana, perché la Bibbia insegna che bisogna aspettarsela. Quello che lei non immaginava, però, è che la Chiesa nel resto del mondo potesse dimenticare la loro emergenza».
«Mentre mi congedavo da loro – confida Welby – ho pregato per chiedere la protezione di Dio sulla loro comunità. Nella mia preghiera c’era anche l’auspicio che noi, come Chiesa d’Occidente, possiamo fare qualcosa di più per questi nostri fratelli e sorelle perseguitati. Dobbiamo abbracciarli. (…) E dobbiamo anche trovare il modo per migliorare le cose in questa regione. Non vogliamo un Medio Oriente senza cristiani».