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L’ambasciata Usa a Gerusalemme? Trump ci riflette

Terrasanta.net
15 maggio 2017
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L’ambasciata Usa a Gerusalemme? Trump ci riflette
Vista panoramica della Gerusalemme vecchia. (foto shutterstock.com)

Il presidente Donald Trump non sa ancora se manterrà presto la promessa fatta in campagna elettorale di trasferire da Tel Aviv a Gerusalemme l’ambasciata degli Stati Uniti in Israele. Pressioni contrastanti.


(g.s.) – Il segretario di Stato americano, Rex Tillerson, ha lasciato intendere ieri, 14 maggio, che il presidente Donald Trump non ha ancora deciso se manterrà presto la promessa fatta in campagna elettorale di trasferire da Tel Aviv a Gerusalemme l’ambasciata degli Stati Uniti in Israele.

Si tratterebbe di un gesto di rottura rispetto alla politica di tutti gli altri governi che intrattengono relazioni diplomatiche con lo Stato ebraico, i quali continuano a mantenere le loro sedi diplomatiche a Tel Aviv dal momento che considerano i quartieri orientali della Città Santa parte dei Territori palestinesi occupati con la guerra dei Sei giorni del 1967. Ciò a prescindere dal fatto che Israele abbia sempre considerato Gerusalemme come propria capitale e l’abbia giuridicamente dichiarata tale con una legge del 1980.

Il Congresso degli Stati Uniti deliberò nel 1995 il trasferimento dell’ambasciata entro il 1999. Avvalendosi, però, delle prerogative riconosciute alla Casa Bianca, tutti i presidenti succedutisi in carica (Bill Clinton, George W. Bush e Barack Obama) hanno reiterato – di semestre in semestre – una sospensiva tuttora in vigore. L’ultima firmata da Barack Obama cesserà di produrre effetti il primo giugno prossimo, tra quindici giorni. A Trump basterebbe non firmarne un’altra per dare il via al trasferimento dell’ambasciata.

A Washington valutano tutte le possibili ricadute di un tale passo, con riguardo alla pacificazione della regione e agli interessi strategici degli Usa.

Il governo di Benjamin Netanyahu pubblicamente ripete di essere a favore. Il portavoce del primo ministro ha subito commentato le esternazioni di Tillerson dichiarando che «il trasloco dell’ambasciata non danneggerebbe il processo di pace. Al contrario, gli farebbe fare passi avanti correggendo una storica ingiustizia e mandando in frantumi le fantasie palestinesi secondo le quali Gerusalemme non è capitale di Israele». Netanyahu, dice il governo israeliano, ha più volte espresso questa convinzione a Trump e a Tillerson nei mesi scorsi.

Anche gli Stati arabi – inclusi i più stretti alleati degli Usa nell’area, Egitto e Giordania, che sono tra l’altro gli unici due ad aver firmato trattati di pace con Israele – hanno messo in atto un pressing sulla Casa Bianca perché desista dal trasferimento dall’ambasciata. Un simile atto, dicono, non farebbe che accrescere le tensioni e le violenze nell’area. La vedono così, secondo i media israeliani, anche gli stessi servizi di sicurezza dello Stato ebraico.

Va ricordato che le bozze di accordi di pace che prevedono la nascita di uno Stato di Palestina includono anche la clausola che considera Gerusalemme Est capitale palestinese.

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